LE MIE RIFLESSIONI SUL DIABETE TIPO 2.
Ho pensato di mettere insieme tutta una serie di riflessioni sul diabete tipo 2, in modo che ne possano usufruire tutti i colleghi
diabetologi che hanno l’opportunità di vedere numerosi casi di diabete tipo 2.
La prima cosa da fare davanti a un paziente con diabete tipo 2 è di valutare se è insulinoresistente e valutarne l’intensità
Propongo questo primo approccio dal momento che c’è la possibilità che il paziente non sia insulinoresistente e che la sua
iperglicemia sia soltanto l’espressione di una minore produzione di insulina dovuta alla riduzione del patrimonio Beta cellulare
da inquadrare come diabete autoimmune.
Non dimentichiamo infatti che il 10% dei diabetici considerati di tipo 2 sono dei pazienti con diabete autoimmune,confermato
dalla presenza degli anticorpi come anti GADA ecc.
Su questo argomento richiama l’attenzione il prof-Enzo Bonora di Verona già da tempo,avendo avuto modo di verificare che
tale patologia molto spesso sfugge, così come richiama anche l’attenzione sul diabete genetico il Mody.
Nel caso che il paziente sia non insulinoresistente e senza anticorpi,bisogna pensare a un diabete su base genetica, cioè a un
MODY, di cui il più frequente è il MODY 2 dovuto alla mancanza di glucokinasi che impedisce l’amplificazione della produzione
insulinica,nel momento in cui l’insulina prodotta agisce sui recettori della cellula Beta-
Ritorniamo a questo punto alle nostre riflessioni sui pazienti con diabete tipo 2
la prima cosa da dire è che ci possiamo trovare di fronte a un paziente con insulinoresistenza e con normale patrimonio
betacellulare,oppure con insulinoresistenza e riduzione del patrimonio betacellulare.
Partiamo dal primo caso,quello con la sola insulinoresitenza.il nostro compito è quello di bloccarla, cosa che possiamo fare o
con la metformina o con l’insulina
l’insulinoresistenza è l’espressione dell’aumento del patrimonio alfa cellulare,cellule produttrici di glucagone
questo aumento determina un aumento della produzione di glucosio per la maggiore produzione di glucagone per cui negli intervalli tra i pasti il valore
raggiunto tende ad aumentare proporzionalmente all’aumento delle cellule alfa che noi dobbiamo bloccare per consentire un ripristino alla
normalità,inoltre durante il pasto la pur normale produzione di insulina non è sufficiente dal momento che una parte di essa deve coprire la quota di
cellule alfa in eccesso,per cui in circolo arriva meno insulina sugli organi bersaglio
teniamo presente che le cellule beta che producono insulina devono coprire prima tutte le alfa, cosa che fanno con effetto paracrino,
dopo averle saturate,l’insulina va in circolo e raggiunge le cellule bersaglio, fatto questo che consente la riduzione della glicemia proporzionalmente
all’insulina che ovviamente è minore se parte di essa è stata utilizzata per la quota in più delle cellule alfa che sono quindi causa di insulinoresistenza
per bloccare l’insulinoresistenza è necessario farlo in modo costante durante tutte le 24 ore in modo da evitare che ci sia una oscillazione dei valori
dell’insulinoresistenza
la cosa più semplice per ottenere questo risultato è di usare l’insulina lenta che assicura un valore costante tutta la giornata
si può ottenere lo stesso risultato con la metformina a condizione di usare quella lenta come la slowmet da prendere ogni 12 ore
purtroppo spesso la metformina viene usata non tenendo presente questo accorgimento, fatto questo ovviamente che provoca una oscillazione del
blocco dell’insulinoresistenza
aumentando, a seconda dei risultati le varie dosi,ad es, di insulina lenta noi avremo il risultato che non ci sarà più variazione della glicemia negli
intervalli e tutto questo ci verrà confermato da un valore normale dell’indice di HOMA
a questo punto il soggetto con normale produzione di insulina,per la normalità del patrimonio betacellulare, si ritroverà con valori di glicemia nella
norma, per aver bloccato tutte le alfa, causa di insulinoresistenza
tutto questo capita nei soggetti da poco diabetici che non hanno ancora subìto un deterioramento del patrimonio betacellulare
e veniamo adesso al soggetto diabetico con minore produzione di insulina
la prima cosa da fare è quella di bloccare l’insulinoresistenza e utilizzare farmaci che aumentano la produzione di insulina delle cellule beta
tra i primi ci sono gli ipoglicemizzanti orali che hanno però lo svantaggio di determinare in alcuni casi l’ipoglicemia e di impedire l’assunzione di cibo
al di fuori dai pasti
tutto questo non succede se usiamo gli inibitori delle DPP4 che sono in grado di amplificare la produzione insulinica per l’aumento delle incretine, che
in verità sarà ancora maggiore se si segue una dieta a maggiore capacità incretinomimetica
ogni cibo per le sue caratteristiche ha una diversa capacità incretinomimetica per cui utilizzando quelli che lo fanno di più il risultato sarà maggiore
nella maggior parte dei casi tale metodo consente di normalizzare la glicemia evitando di ricorrere all’insulina rapida
fatto questo che mi ha consentito nei pazienti diabetici di lasciare la sola insulina lenta ed eliminare le tre rapide
è probabile però che il patrimonio betacellulare sia talmente ridotto che anche con l’amplificazione del sitagliptin la glicemia non ritorna alla norma
a questo punto dobbiamo ricorrere all’insulina rapida
prima però di fare quest’operazione verificare prima che sia stata annullata del tutto l’insulinoresistenza.solo allora si potrà dire con certezza che il
farmaco è stato inefficace.
è possibile però ancora evitarla ricorrendo all’analogo GLP1, che bloccando una parte delle normali cellule alfa consente l’abbassamento della
glicemia,tale risultato è possibile a condizione che ci sia un blocco totale dell’insulinoresistenza
se questo non avviene parte dell’analogo converge sulle alfa dell’insulinoresistenza e ne avremo di meno sulle alfa normali
utilizzando in questo modo l’analogo il risultato è quello di normalizzare la glicemia
è possibile inoltre potenziare tale effetto utilizzando la lenta per bloccare l’insulinoresistenza e bloccando le alfa normali con la metformina
in questo modo è come se avvessimo aumentato la dose dell’analogo.lo possiamo fare con un minimo di metformina lenta da coprire le 24 ore
abbiamo così trovato il modo di poter evitare in ogni caso la rapida che può darci il problema dell’ipoglicemia e il non semplice controllo della quantità
da somministrare
Nel caso del diabete autoimmune,non essendoci insulinoresistenza,dobbiamo solo provvedere ad aumentare la produzione di insulina delle cellule beta
con patrimonio ridotto e lo possiamo fare con gli inibitori delle DPP4, come il sitagliptin.se invece il patrimonio è così ridotto da non produrre
sufficiente insulina, anche dopo amplificazione della produzione incretinica, possiamo passare all’analogo GLP1,e se mai da potenziare con la
metformina lenta come già prima indicato e questo non per bloccare le alfa della insulinoresistenza che non ci sono ma quelle fisiologiche, simulando
l’effetto dell’analogo
alla luce di quanto detto è possibile dedurre che in tutti i casi possiamo eliminare la insulina rapida
spero di aver chiarito bene quanto detto, dando così la possibilità ai colleghi di avere il migliore risultato possibile
sono a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento
sarebbe preferibile però fare un approfondimento sulla fisiologia e la fisiopatologia dell’omeostasi glicemica, argomento abbastanza delicato che però ci
consentirà di chiarire meglio tutti i processi coinvolti nel diabete tipo 2
tutto questo lo farò nei prossimi giorni
Ferdinando Carotenuto 3382692965
per l’uso della metformina al posto dell’analogo leggere l’articolo che precede