Diabete tipo 2 Diabete LADA
dedicato ai colleghi della medicina di base
I soggetti con diabete tipo 2 e con diabete LADA possono essere seguiti anche dai medici di base a condizione che tengano presenti le varie modalità che tra poco riporterò
La prima cosa da fare davanti a un paziente diabetico è di stabilire se è un diabete tipo 2 o un diabete LADA
per farlo calcolare l’indice di HOMA che si ottiene moltiplicando la glicemia per l’insulinemia a digiuno diviso 405;se il valore è al di sotto di 2,5 è un soggetto non insulino resistente e quindi un diabete LADA
se invece il valore è al di sopra di 2,5 è un insulino resistente e quindi un diabete tipo 2
un elemento sospetto è il peso.se non è in sovrappeso è facile che sia un LADA
Una volta stabilito che ci troviamo di fronte a un diabete tipo 2 vediamo quali sono tutte le modalità da seguire per normalizzare la glicemia in breve tempo e in modo semplice
Prima modalità in soggetto non intollerante alla metformina
dare 2 grammi di metformina aumentandola in modo da farlo nel giro di alcuni giorni
se il soggetto non ha raggiunto i valori normali introdurre una insulina lenta da fare una volta al giorno come TOUJEO che andrà aumentata di 2 unità ogni giorno fino ad arrivare a normalizzare la glicemia
come si vede lo schema è semplice sia per il medico che per il paziente che così vedrà normalizzata la glicemia in pochi giorni da 5 a 20
anche se non si capisce il meccanismo che lo determina conviene utilizzarlo anche se la spiegazione è questa:in questo modo si copre prima l’insulino resistenza e poi le cellule alfa fisiologiche che compensano la ipo produzione di insulina delle cellule beta
Seconda modalità in soggetto non intollerante alla metformina
dare la metformina come sopra e aggiungere un analogo GLP1 come Trulicity da 0,75 fiale da fare una volta a settimana e subito dopo proseguire con Toujeo da aumentare di 2 unità ogni giorno fino a raggiungere la normalizzazione della glicemia.tale modalità consente rispetto alla prima modalità di dover aggiungere una minore quantità di insulina che dopo un mese potremo ridurre sostituendo il Trulicity da 0,75 con trulicity 1,50
questa seconda modalità è semplice e ci permette con una minore quantità di insulina lenta di poter normalizzare la glicemia
Terza modalità. prima la metformina come sopra poi Trulicity da 0,75 e poi una compressa di sitagliptin a pranzo se ancora non si è raggiunta la normalità aggiungere Toujeo come sopra aumentando ogni giorno di 2 unità in questo caso si riduce la quantità di lenta e ancora di più dopo un mese quando si passa al Trulicity 1,50
Quarta modalità: sempre 2 grammi di metformina più dapaglifozin 10cp una volta al giorno oppure usando l’associazione dapaglifozin 5 metformina 1000 dopo colazione e dopo cena
è molto probabile che in questo modo non necessita l’introduzione della insulina lenta Toujeo
in questo caso però bisogna controllare eventuali effetti collaterali che sono disturbi urinari oltre a una diminuzione del potassio e del calcio che comporta un iperparatiroidismo secondario da controllare con esmi di laboratorio controllare inoltre la presnza di corpi chetonici nelle urine con le strisce reattive per corpi chetonici se ci sono degli inconvenienti sostituire tale modalità con una delle predenti o con quella prossima che indicherò
Quinta modalità:metformina 2 grammi più dapaglifozin 5 a cui aggiungere la lenta se la glicemia non è ancora nella norma seguendo lo schema di aumentare 2 unità ogni giorno fino ad arrivare nella norma
tale procedura dovrà dare meno effetti collaterali rispetto a quella di prima anche se conviene sempre controllare quanto detto sopra.
Sesta modalità dare prima 2 grammi di metformina a cui aggiungere XULTOPHY fatta da insulina degludec con liraglutide
aumentare di 2 unità fino a raggiungere la normalizzazione della glicemia
tale modalità è quella più semplice che può essere quella più adatta al medico di base che una volta usata rende il compito semplice per il medico e per l’assistito
A questo punto il medico di base ha a sua disposizione tutta una serie di modalità che gli consentiranno di normalizzare la glicemia in modo semplice e in breve tempo e trovandosi avvantaggiato anche rispetto al diabetologo che vede il paziente solo dopo tre mesi
Modalità da seguire nei soggetti intolleranti alla metformina
usare lo stesso schema come sopra sostituendo la metformina con ACTOS 30 una volta al giorno
altra modalità per normalizzare la glicemia nel diabete tipo 2
dare prima due grammi di metformina e verificare il valore della glicemia.se alto aggiungere sitagliptin 100 prima del pasto principale;aggiungere dapaglifozin 5 mg una volta al giorno; se ancora la glicemia non è ancora a norma allora si aggiunge l’insulina lenta come TOUJEO aumentandola fino a raggiungere valori normali di glicemia.in questo caso abbiamo usato vari farmaci di cui ognuno ha contribuito ad abbassarla e riducendo gli eventuali effetti collaterali del dapaglifozin che a dosi più alte si possono verificare.in questo modo abbiamo normalizzato la glicemia con il concorso dei vari antidiabetici come la metformina,l’insulina lenta, gli inibitori delle DPP4 e gli inibitori del cotrasportatore sodio glucosio
Alla fine dell’elenco di tutte le modalità indicate possiamo concludere che in ogni caso, attraverso vie diverse, è possibile evitare le tre insuline rapide e utilizzando la sola lenta
in questo modo il medico di base può trovare familiare i vari schemi ed essere autonomo nello scegliere questa o l’altra modalità
nulla toglie però che una semplice seduta di un’ora potrà consentire di dare ulteriori chiarimenti e mettere il medico di base nelle condizioni di vicariare l’azione del diabetologo
Diabete LADA
nei soggetti con diabete LADA abbiamo solo la necessità di aumentare la produzione di insulina dando un inibitore delle DPP4 come il sitagliptin una volta al giorno
col tempo però il sitagliptin non sarà sufficiente, ma prima di passare all’insulina rapida aggiungere l’analogo e successivamente una glifozina in questo modo per diverso tempo il paziente potrà evitare il ricorso all’insulina
Nulla vieta che le modalità indicate per il medico di base possono essere condivise anche dai diabetologi che possono segnalare al medico di base quale è la modalità che ha scelto per quel paziente in modo da evitare che il paziente debba aspettare tre mesi per la seconda visita dal momento che tutto questo lo può fare il medico di base dopo essere stato informato su quale modalità si sta seguendo
in questo modo avremo un maggior numero di pazienti che andrà a target e in breve tempo, sia perché aumenta il numero dei medici che si interessano di pazienti diabetici sia perché i medici di base possono seguire la modalità indicata dal diabetologo
Il diabete di tipo 2 : una patologia curabile sino alla normalizzazione.
Partendo dall’assunto, verificato e controllato in numerosi casi, che anche la più resistente forma di Diabete di tipo 2 può essere normalizzata in poco più di una decina di giorni, ecco di seguito le diverse modalità terapeutiche rese disponibili per tutti i colleghi medici, diabetologi o meno che siano.
Elenco delle varie modalità terapeutiche che consentono la normalizzazione della glicemia nei soggetti con diabete tipo 2, insulino resistenti e ipo produttori di insulina oltre ai soggetti non insulino resistenti, ma ipo produttori di insulina, che sono quelli con diabete LADA. Analizziamo prima le modalità che prevedono la possibilità di utilizzare la Metformina nei soggetti diabetici tolleranti, per andare poi ad esaminare le modalità previste per i pazienti intolleranti.
Prima modalità: iniziare con metformina lenta fino ad arrivare in breve tempo ai 2 grammi di slowmet mattina e sera; passare poi all’insulina lenta come Toujeo e aumentare le unità fino ad arrivare a coprire tutta l’insulino resistenza.
Per risolvere poi l’iperglicemia da ipo produzione dell’insulina, aumentiamo la lenta in modo da spostare parte della metformina sulle alfa fisiologiche, con effetto simil analogo glp1;
si arriverà così al punto di coprire un certo numero di alfa che consentono di portare la glicemia a 90.
Come si vede tale modalità è semplice al punto che anche il medico di base potrà facilmente utilizzarla e normalizzare la glicemia in tempo breve, ovvero solo pochi giorni.
Tale metodica è innovativa dal momento che la metformina svolge la stessa funzione dell’analogo GLP1 ed è stata già sperimentata, su mio input, da altri colleghi medici di base con risultati ottimi.
Seconda modalità: procedere come prima, aumentando la dose di metformina; aggiungere l’insulina lenta assieme al sitagliptin che consente una maggiore produzione di insulina.
Aumentando l’insulina lenta andremo così a coprire l’insulino resistenza con il vantaggio adesso di ritrovarci con un valore più basso di glicemia ma comunque superiore alla norma, per l’intervento del sitagliptin.
Nulla toglie che il sitagliptin sia già sufficiente a produrre una giusta quantità di insulina. Per normalizzare i valori, dunque, aumentare la lenta e spostare la metformina sulle alfa fisiologiche, come fatto prima, con la differenza però, di dover coprire una minore quantità di alfa dal momento che il sitagliptin ha consentito una riduzione della ipo produzione.
Anche tale modalità è semplice come quella precedente e facilmente utilizzabile dal medico di base che così in pochi giorni risolve il problema.
Terza modalità: dare metformina come sopra descritto e aggiungere duraglutide da 0,75; proseguire con la lenta fino a coprire l’insulino resistenza, per passare poi allo spostamento della duraglutide sulle alfa fisiologiche e continuare con lo spostamento della metformina sulle alfa. Si raggiungerà così la copertura di una quantità sufficiente di alfa capace di contrastare la ipo produzione. In questo modo abbiamo coperto con l’analogo e la metformina tutte le cellule alfa che hanno così contrastato la ridotta produzione di insulina.
Quarta modalità: metformina e analogo come sopra. Questa volta aggiungiamo sitagliptin. Proseguire con la lenta fino a coprire l’insulino resistenza e proseguire per spostare l’analogo; in questo modo l’analogo sarà sufficiente e non ha bisogno come prima della metformina.
Faccio presente che tutto questo è comprensibile se abbiamo conoscenza della fisiologia dell’omeostasi glicemica.
In qualunque caso basta seguire lo schema e aumentare la lenta fino ad arrivare al valore di 90.
Il valore di 90 non potrà scendere dal momento che l’analogo e la metformina non potranno agire.
Quinta modalità: nella quinta modalità faremo in modo da usare l’analogo come la duraglutide a 1,50.
Procedere come sopra utilizzando metformina e analogo da 0,75, assieme a insulina lenta da aumentare fino ad arrivare nella norma, spostando sia l’analogo sia la metformina; dopo un mese eliminiamo la metformina usata come compensazione e introduciamo quello di 1,50. In questo modo, risparmiando la metformina, riduciamo la quota di lenta, anche se la metformina la possiamo usare come riserva dell’analogo nel caso che venga utilizzato il cortisone o dopo un pasto più abbondante ,oppure al suo posto aggiungere il sitagliptin.
Faccio presente che tutte queste modalità sono state tutte sperimentate e funzionano in maniera ottimale, portando attraverso vie diverse allo stesso risultato positivo.
Abbiamo, in questo modo, sfruttato tutte le modalità possibili con l’utilizzo della metformina.
Prima di passare alle modalità che prevedono il non uso della metformina e che si rendono necessarie dal momento che tra tanti casi ci saranno diversi intolleranti, voglio fare alcune riflessioni fatte in questi ultimi anni.
Da come abbiamo visto è possibile normalizzare la glicemia in breve tempo e inoltre facendo uso dell’insulina lenta e dei farmaci antidiabetici. Nella pratica quotidiana vediamo che non sono pochi quelli che invece devono ricorrere all’insulina rapida oltre alla lenta, con tutti gli inconvenienti a volte collegati e cioè che il paziente non normalizza la glicemia, ma va spesso in ipoglicemia.
Questo vuol dire che il diabetologo non è riuscito ad utilizzare una delle modalità sopra riportate, semplicemente perché non ne è venuto a conoscenza e là dove gli sono state recapitate, non si è preoccupato di chiedere almeno spiegazioni.
In altri casi invece molti risolvono il problema ricorrendo alle glifozine che, nonostante i vantaggi che vengono evidenziati, portano con sé tanti effetti negativi a cui invece non si accenna. Voglio perciò farli emergere in questo contesto. Nessuno controlla ad esempio che le glifozine determinano un iperparatiroidismo secondario dovuto alla ipocalcemia da ipercalciuria; in questo modo si crea nel tempo una marcata osteoporosi, oltre al fatto che l’ipocalcemia è causa di crampi muscolari.
La possibilità di chetosi può essere misconosciuta e perciò pericolosa ecco perché la possibilità di seguire le modalità prima indicate potranno dimostrarsi utili.
Per utilizzare al meglio le glifozine è necessario introdurle nel momento in cui è stata coperta l’insulino resistenza;in questo modo la situazione si controlla con un dosaggio dimezzato del farmaco che in questo modo arreca meno effetti collaterali.
Lo schema da seguire è quello di introdurre la glifozina ridotta e aggiungere metformina 2 grammi seguita da insulina lenta e procedere fino al raggiungimento di un valore normale della glicemia. In questo modo abbiamo ottenuto dalla metformina e dall’insulina lenta il migliore effetto possibile.
Modalità uno in soggetto intollerante alla metformina:
in questo caso conviene incominciare con il sitagliptin e la duraglutide da 0,75; aggiungere dopo l’insulina lenta e aumentarla fino a raggiungere il valore di 100 mg. In questo modo abbiamo spostato la duraglutide dalla zona dell’insulino resistenza a quella dell’analogo, lasciando ancora una parte di esso nella zona dell’insulino resistenza da fare da cuscinetto tra la lenta e la zona delle alfa fisiologiche.
La possibilità dell’analogo di funzionare a dosi basse è data dalla presenza del sitagliptin che riduce l’ipoproduttività di insulina; senza di esso avremmo dovuto utilizzare l’analogo da 1,50, per cui in questo modo possiamo usare le diverse opzioni duraglutide 0,75 e sitagliptin, oppure duraglutide 1,50 senza sitagliptin, oppure duraglutide 1,50 con sitagliptin nel caso di trattamento cortisonico o nel caso di dover fare un pasto in più.
Come si vede il quadro è intricato e complesso e non semplice da seguire, se non si è fatto il lavoro che ho fatto io in questi ultimi anni.
Sarebbe necessario che tutto questo potrebbe essere spiegato da vicino con delle slide da commentare. A questo punto abbiamo il quadro completo di tutte le modalità di cui disponiamo per normalizzare la glicemia in tempi brevi e in modo più o meno semplice.
Seguendo il mio schema e i suggerimenti aumenterà il numero di medici che possono partecipare a tale processo di normalizzazione della glicemia.
Solo così potremo risolvere il problema, che ci assilla, dei tanti diabetici scompensati e dei tanti che sono costretti a ricorrere invece alle tre rapide e alla lenta.
Dopo aver indicato tutte le modalità di trattamento dei paziente con diabete tipo 2 insulino resistente e ipo produttore di insulina,dobbiamo considerare anche il caso dei soggetti con diabete tipo 2 che sono solo insulino resistenti, ma normo produttori di insulina in questi casi usare prima la metformina e poi l’insulina lenta verificare poi se si arriva a un indice di HOMA nella norma e controllare la glicemia che se è aumentata sta a significare che il soggetto è ipoproduttore e necessita di sitagliptin che può essere sufficiente o necessita dell’analogo per compensare.
Diabete LADA
La prima cosa da dire su questo argomento è che esso va ricercato perché spesso sfugge e viene inquadrato come tipo 2; per verificarlo calcolare l’indice di HOMA moltiplicando la glicemia per insulinemia a digiuno diviso 405; se il valore è al di sotto di 2,50 non è insulino resistente per cui il trattamento previsto non contempla la copertura dell’insulino resistenza.
In questo caso si procede dando un inibitore delle DPP4 che aumenta la produzione di insulina e normalizza la glicemia.
Dopo tempo però il farmaco non è più sufficiente per cui bisogna ricorrere all’insulina rapida senza dover usare la lenta.
Per ritardare questo momento, quando vedo che il sitagliptin non riesce a normalizzare io uso l’analogo GLP1 che consente di compensare la mancata risposta insulinica.
Al posto del GLP1 è possibile anche usare la metformina che in questo caso agisce come simil analogo GLP1 e consente con una quota minima di metformina di compensare la ipo produttività, così come è possibile usare l’ACTOS 15 se il soggetto è intollerante alla metformina nelle varie dosi necessarie come 15–30–45.
E’ possibile però trovarsi di fronte al caso in cui per intolleranza non possiamo usare l’analogo del GLP1. In questo caso, prima di passare all’insulina, conviene aggiungere al sitagliptin un farmaco ipoglicemizzante come la repaglinide prima di ogni pasto. Per evitare l’ipoglicemia che è sempre possibile con gli ipoglicemizzanti orali, basta usare il sensore che registra la glicemia 24 ore e con sistema di allarme per cui non appena il valore della glicemia scende l’allarme consente di poter introdurre subito carboidrati; con questo sistema potremo evitare di ricorrere alla insulina rapida ai pasti.
In questo modo usando le varie dosi di analogo a seconda di quanto servono, abbiamo la possibilità di ritardare ancora di anni il passaggio all’insulina rapida. Ritengo, e spero vivamente, di aver dato un quadro sufficiente di due patologie che sono quelle che troviamo ogni giorno.
Il sistema descritto a proposito del diabete tipo 2 ci consente di normalizzare la glicemia, ma anche di poter fronteggiare i casi in cui si usa il cortisone oppure nei casi in cui si mangia di più è possibile aumentare la quota di alfa fisiologiche in modo da coprire con un aumento della lenta, che sposta una quantità maggiore di metformina, per cui il soggetto che ha coperto la zona con duraglutide da 1,5, se mangia di più oppure è costretto a prendere il cortisone, risolve il problema con lo spostamento della metformina
che abbiamo imparato a conoscere come simil analogo.
Tutto questo è stato verificato sul campo e molti pazienti hanno imparato il trucco per cui non sono obbligati a una dieta restrittiva, normalizzare la glicemia anche se si mangia di più è davvero interessante oltre che possibile.
Modalità di normalizzare la glicemia con le tre insuline rapide e l’insulina lenta.
Nei soggetti con diabete tipo 2 è possibile normalizzare la glicemia ricorrendo all’insulina rapida ai pasti e all’insulina lenta per bloccare l’insulino resistenza.
E’ questo lo schema da seguire per bloccare l’insulino resistenza:
- cominciare con metformina mattina e sera e arrivare a 2 grammi;
- aggiungere la lenta fino ad arrivare al punto da coprirla del tutto.
Ci accorgiamo di aver raggiunto la totale copertura dell’insulino resistenza, nel momento in cui ci accorgiamo che la dose calcolata con la rapida dà valori normali.
Infatti nel momento in cui diamo una dose normale di rapida e ci ritroviamo con un valore più alto di glicemia vuol dire che l’insulino resistenza non è stata coperta.
Procedendo in questo modo normalizzeremo la glicemia con le tre rapide e la lenta e potremo continuare con questo schema.
Molto spesso capita di osservare che la dose per la rapida è corretta, mentre invece non lo è per la lenta per cui il paziente non arriva a normalizzare la glicemia e non di poco; molti hanno l’abitudine di usare solo dieci unità di lenta.
E’ possibile invece anche utilizzare uno schema diverso:
- tolte le rapide, lasciamo solo la metformina con la lenta
- per risolvere la ipoproduttività delle cellule beta lo facciamo con un inibitore delle DPP4 assieme a un aumento della lenta che sposta la metformina nella zona delle alfa fisiologiche con la funzione dell’analogo.
Di tale schema già ne abbiamo parlato in precedenza. In questo modo siamo passati dalle tre insuline rapide e l’insulina lenta alla sola insulina lenta, risolvendo il problema della ipoproduttività dell’insulina con l’inibitore delle DPP4 assieme alla metformina spostata sulle alfa fisiologiche nel ruolo dell’analogo del GLP1.
Fino ad oggi nessuno ha mai richiamato l’attenzione sul fatto che la metformina può simulare l’analogo GLP1, fatto questo che rende più semplice la normalizzazione della glicemia, con il vantaggio inoltre di dosarla per quanto basta e inoltre per averne a disposizione una maggiore quantità. Un grammo di metformina spostato sulle alfa fisiologiche equivale a TRULICITY da 1,5.
In questo modo nel caso in cui ci troviamo di fronte alla necessità di dover ricorrere a una maggiore quantità di analogo lo possiamo fare, anche se non disponiamo della possibilità di altri paesi di avere a disposizione oltre all’1,5 anche il 3 mg e il 4,5. Normalizzare la glicemia con l’associazione insulina degludec e liraglutide con l’aggiunta di metformina:
- dare prima la metformina fino ad arrivare a 2 grammi;
- aggiungere l’associazione insulina degludec e liraglutide;
- aumentare le unità fino a raggiungere il valore di glicemia al mattino di 90.
Seguendo questa modalità si va a coprire prima tutta la zona dell’insulino resistenza e subito dopo si va a coprire la zona delle alfa fisiologiche in misura tale da contrastare la ipoproduttivita di insulina delle cellule beta, avendo a disposizione una quantità notevole di analogo data dalla metformina e dalla liraglutide. Tale metodica è semplice e permette di ridurre la quantità dell’associazione insulina lenta con liraglutide.
Faccio presente che quanto detto è facilmente comprensibile solo se si tengono presenti i meccanismi fisiologici e fisiopatologici illustrati prima. Aggiungo che potremo avere un migliore risultato se abbiamo la possibilità di illustrare le modalità sopra descritte con un commento chiarificatore, utilizzando delle slides opportunamente preparate.
Diabete Mody: le mie riflessioni
Il diabete Mody è un diabete su base genetica.
In questi casi i soggetti non sono insulino resistenti, ma solo ipo produttori di insulina per un difetto su base genetica che impedisce la formazione di una quantità normale di insulina.
Per questo motivo, da un punto di vista fisiopatologico, è simile al diabete LADA, per cui possiamo valutare di utilizzare l’esperienza fatta su questa patologia per trasferirla sul diabete MODY.
Nel diabete LADA noi normalizziamo la glicemia sia con gli inibitori delle DPP4, sia con l’analogo GLP1, sia con la metformina che è un simil analogo GLP1, cosa questa che molti non ancora hanno messo a fuoco, anche se è facilmente intuibile.
La metformina è insulino sensibilizzante se agisce sulle alfa dell’insulino resistenza, funge invece da analogo GLP1 se agisce sulle alfa fisiologiche.
Alla luce di queste considerazioni, così come già facciamo nel diabete LADA, possiamo usare nel MODY la metformina come analogo, a condizione ovviamente che tale farmaco data l’età possa essere usato.
In questo modo al posto dell’ipoglicemizzante orale da dare ai pasti, possiamo avere lo stesso risultato bloccando le alfa fisiologiche con la metformina che data a lento rilascio, può coprire tutte le 24 ore e a dosi differenti a seconda della ipo produttività di insulina del soggetto in esame.
Avendo a disposizione 2 grammi di metformina, abbiamo una riserva ampia di farmaco che blocchi le alfa, per cui è molto verosimile poterlo fare con solo 500 mg di Slowmet, che corrisponde a Trulicity da 0,75, mentre mille mg a Trulicity 1,5.
Dal momento che tali soggetti sono dei lievi ipo produttori di insulina, è probabile poterlo fare con soli 500 mg di metformina lenta.
A tali conclusioni non sono arrivati i diabetologi pediatrici esperti in diabete genetico, per il semplice motivo di non aver messo a fuoco il concetto che la metformina può fungere da analogo GLP1, cosa che invece abbiamo verificato nei soggetti con diabete tipo 2 che come ipoproduttori hanno bisogno dell’analogo o del simil analogo che è la metformina.
Alla luce di quanto detto si capisce che tale strada è facilmente percorribile con il vantaggio di non correre il rischio dell’ipoglicemia e con il vantaggio di dare il farmaco solo una volta al giorno.
Faccio presente che tutto questo è possibile se solo si hanno ben chiari i meccanismi appena illustrati.
Sono a disposizione per i colleghi che intendono approfondire tale argomento, data la presenza di meccanismi intricati della fisiologia e della fisiopatologia della omeostasi glicemica.
Pensate per un momento ai vantaggi di tale scelta terapeutica che modulando la dose di metformina, può consentire di poter mangiare di più, dal momento che questo è consentito da un maggiore blocco delle alfa fisiologiche. Si consideri però anche il fatto che lo schema proposto è adattabile ai diversi tipi di MODY che hanno una diversa ipo produttività di insulina.
Una volta messo a fuoco tale meccanismo ci si accorge di aver in mano una soluzione più efficace di non poco conto. A questo punto non resta che verificarlo.
Dopo quanto detto si rende necessaria una precisazione. Il discorso fatto per i casi lievi di MODY che hanno una minore ipoproduttività di insulina; non vale per il MODY 3 che è frequente e ha una maggiore ipoproduttività che non potrà essere compensata dalla metformina; nei casi più lievi invece è possibile oltre ad essere conveniente per tutto quanto detto prima.
Nel caso del MODY 3, prima di passare all’insulina rapida ai pasti è possibile aumentare la produttività delle cellule beta o con un ipoglicemizzante orale o con un inibitore delle DPP4 che ovviamente non sarà in grado di normalizzare la glicemia; le probabilità aumentano se aggiungiamo l’analogo sulle cellule alfa, fatto dalla metformina a 2 grammi e alla duraglutide da 1,5. In questo modo è possibile risolvere il problema con la sola metformina oppure con l’aggiunta della duraglutide da 1,5.
In parole povere da una parte abbiamo aumentato la produzione di insulina delle cellule beta, dall’altra abbiamo dato la maggiore quantità di analogo GLP1 possibile. In questo modo abbiamo aumentato notevolmente le probabilità di non dover ricorrere all’insulina rapida.
I diabetologi che si interessano di diabete genetico si limitano nel MODY 3 a utilizzare la glicazide per aumentare la produzione di insulina e in molti casi ci si riesce; se invece la glicazide è insufficiente passano direttamente all’insulina rapida ai pasti,mentre invece la scelta suggerita prima è quella di aggiungere l’analogo GLP1 sia come metformina che se ancora insufficiente può essere unita alla duraglutide-è molto probabile che il risultato venga raggiunto con la sola metformina-
Prima di chiudere il capitolo sulle diverse modalità da adottare mi sia consentita una riflessione che ci consentirà di avere una visione chiara dell’argomento-
Nel diabete tipo 2 abbiamo due problemi da risolvere:1)quello dell’insulino resistenza e l’altro è quello della ipo produttività di insulina da parte delle cellule beta
l’ipo produttività proviamo a risolverla con un inibitore delle DPP4 che in molti casi è insufficiente per cui abbiamo la necessità di neutralizzare con l’azione dell’analogo GLP1,azione questa svolta anche dalla metformina se spostata nella zona delle alfa fisiologiche,nella misura proporzionale alla ipo produttività
L’analogo o la metformina come simil analogo possono funzionare come tali solo se abbiamo coperta tutta l’insulino resistenza, per cui la metformina o la metformina pià l’analogo, associati a un aumento della insulina lenta risolveranno tale problema,compensando l’insufficienza degli inibitori delle DPP4
se si tiene presente questa impostazione diventerà facile a tutti normalizzare la glicemia in breve tempo e fare quello che stò già facendo da alcuni anni
Fisiopatologia e fisiologia dell’omeostasi glicemica
Dopo aver indicato le varie modalità che consentono di normalizzare la glicemia si rende necessario una descrizione della fisiologia e della fisiopatologia dell’omeostasi glicemica che non sempre viene tenuta presente. In condizioni fisiologiche abbiamo una quantità normale di cellule alfa produttrici di glucagone che producono una quantità di glucosio da compensare quanto consumato. Con l’introduzione del cibo si ha un aumento della glicemia che porta alla produzione di insulina sia per contatto diretto con le cellule beta, sia per la via incretinica; l’insulina prodotta deve prima coprire le cellule alfa e lo fa per via paracrina; la quantità in più raggiunge il circolo e raggiunge gli organi bersaglio come fegato, muscoli e tessuto adiposo.
Nel caso del fegato, il glucosio passa all’interno di esso per differenza di concentrazione che viene amplificata dall’azione dell’insulina che attiva le glucokinasi che in questo modo riducono la concentrazione di glucosio all’interno della cellula epatica, ripristinando così la differenza di concentrazione.
Si capisce che dove c’è il maggior numero di cellule alfa (è questa l’insulino resistenza) parte dell’insulina prodotta ,anziché andare in circolo, deve provvedere a bloccare le alfa in più, e riducendo l’insulina che va in circolo sugli organi bersaglio, per cui per normalizzare la produzione dobbiamo bloccare le alfa farmacologicamente o con l’insulina lenta o con la metformina. Nel diabete tipo 2 il problema è sia quello di bloccare le cellule alfa in più sia quello poi di normalizzare la produzione di insulina delle cellule beta e questo lo possiamo fare o con la rapida data dall’esterno, oppure con un inibitore delle dpp4.
Purtroppo molte volte il risultato è deficitario per cui dobbiamo compensare con l’analogo GLP1 che funziona se si trova ad agire sulle alfa fisiologiche, cosa possibile se è stata coperta del tutto l’insulino resistenza. La novità è che questa azione è svolta anche dalla metformina che ha un effetto insulino sensibilizzante se agisce sulle alfa dell’insulino resistenza, ha invece un effetto simil analogo GLP1 se agisce sulle alfa fisiologiche, cosa questa possibile aumentando l’insulina lenta che sposta la metformina nella zona delle alfa fisiologiche: con 2 grammi di metformina abbiamo un’azione simile a 3 mg di duraglutide, per cui coperta l’insulino resistenza, possiamo contrastare un valore alto di ipoproduzione di insulina.
Già alcuni anni addietro ho intuito quanto appena detto e di questo, oggi, i diabetologi risultano ancora non informati: per loro il blocco delle alfa è solo dell’analogo GLP1, oggi invece anche della metformina.
Fatto questo che ci compensa il fatto che gli analoghi disponibili, possono essere rafforzati dalla metformina, mentre negli altri paesi da prodotti triplicati.
Tenendo presente quanto detto diventa più semplice capire il razionale alla base delle modalità indicate sopra e che meriterebbero un disegno di quanto raccontato. A questo punto non resta che farne un piccolo quadernetto che ogni medico sia quello di base che il diabetologo possano avere a portata di mano per consultarlo. Avremo così la possibilità di poter intervenire correttamente su un numero elevato di pazienti diabetici e con risultati positivi. Il motivo che mi ha spinto a pubblicare le diverse modalità da seguire è dovuto al fatto che serve a poco che io riesca in breve tempo a normalizzare alcuni pazienti diabetici; è invece necessario che siano in molti a farlo e che non siano solo i diabetologi ma i tanti medici di base che potranno optare per le prime formulazioni indicate che sono di una semplicità unica, come ogni addetto ai lavori ha potuto notare e convenire.
Attualmente il paziente diabetico è seguito solo dai diabetologi che vedono il paziente una prima volta per soli 15 minuti e dopo aver indicato la terapia da seguire lo rivede dopo tre mesi dal momento che sono molti i pazienti da controllare:dopo i tre mesi viene riprogrammata la terapia e la verifica avviene dopo ulteriori tre mesi.In questo modo,tranne nei casi semplici, occorre molto tempo riuscire a normalizzare la glicemia, senza considerare il fatto che le linee guida seguite non sempre danno un buon risultato.Tutto questo lo possiamo osservare ogni giorno, per cui la strada da seguire è un’altra.
Dobbiamo mettere i medici di base di impadronirsi di alcune modalità segnalate e ottenere così un migliore risultato, sia perché si adotta uno schema vincente, sia perché il paziente potrà essere seguito molto meglio.Fino a quando non ci si renderà conto di tutto quanto detto non avremo mai risultati soddisfacenti.Resta però il problema di poter incentivare tale proposta ricompensando adeguatamente i medici di base che invece oggi sono completamente fuori.
Ferdinando Carotenuto medico di base in pensione di Boscoreale Napoli 3382692965
La dieta che viene presentata è composta da alimenti che consentono di normalizzare la glicemia nei soggetti con diabete tipo 2 evitando di ricorrere ai farmaci, ovviamente nei casi lievi ,a differenza di quella consigliata dalla maggior parte dei diabetologi che sono costretti invece ad associare i vari farmaci a disposizione per normalizzare la glicemia.
Tale dieta consente di stimolare in modo corretto il sistema omeostatico glicemico attraverso dei meccanismi che portano a una maggiore produzione endogena di incretine, sopratutto di GLP1. Tale dieta è priva di pasta, pane, riso e fette biscottate, dolci, carne e latticini e di frutta senza buccia.
sostituire la pasta con quella di ceci o di lenticchie della Barilla, mangiandone anche 100 o 150 grammi
La carne va evitata per non determinare un aumento dell’ormone GH che ha un effetto controinsulare.
I grassi saturi dei latticini e formaggi riducono il consumo di glucosio nella formazione dell’acetil coenzima A, dal momento che sono i primi fornitori attraverso la beta ossidazione degli acidi grassi. Mancando alle cellule, il prodotto verrà ricavato dal glucosio che sarà consumato in maggiore quantità.
Colazione
– Latte intero o yogurt intero, possibilmente quello della VIPITENO , con l’aggiunta, se si vuole, di un cucchiaino di cacao amaro della Perugina a cui si può aggiungere un cucchiaino di farina di carrube della Rapunzel “CAROBPULVER”.
– Nulla vieta l’aggiunta di alcune mandorle o noci o pistacchi non salati, non tostati.
– Utilizzare tutti i prodotti indicati a seconda delle preferenze.
– E’ possibile utilizzare anche lo yogurt greco “total zero”.
Metà mattinata
– Uno spuntino con una frutta con la buccia, come mele, pere, fragole, ciliegie.
– E’ possibile utilizzare anche i semi oleosi come noci, mandorle e pistacchi non tostati non salati.in piccole quantità come da 3 a 10
Pranzo
– Far precedere il pasto da una grande quantità di verdure crude o cotte (mangiare quelle crude dove è possibile;mangiarle cotte nelle altre circostanze).
– Evitare le carote cotte, possibile invece mangiare quelle crude.Evitare anche la zucca.
– Elenco delle verdure e ortaggi da utilizzare: — insalata — scarola — broccoli — cime di rapa — radicchio — carote crude — funghi — carciofi — cavoli — cavolini di bruxelles — finocchi — bietole — cicoria — zucchine — melanzane — peperoni — rape — pomodori — verza — spinaci — fagiolini — minestra.
– Accompagnare le verdure con i seguenti alimenti a scelta: legumi come ceci, fagioli e lenticchie. almeno 250 grammi cotti
– Utilizzare anche i lupini gialli dopo averli dissalati.
– Pesce, uova, da utilizzare in quantità discrete.
– Allo stesso modo è possibile anche a pranzo e a cena utilizzare i semi oleosi. sempre in modiche quantità come suggerito sopra.
– Utilizzare alimenti a basso indice glicemico che contengono sia carboidrati che proteine oltre a grassi insaturi e molte fibre oltre alle olive ci sono le noci, le mandorle, i pistacchi, possibilmente non tostati e non salati; non trascurare i semi di zucca che obbligano a una notevole masticazione e incidono sensibilmente sulla produzione incretinica gip e glp1 che fanno abbassare la glicemia.
possibile aggiungere,al posto dei legumi, 100 o 150 grammi di pasta di ceci o di lenticchie della Barilla
Cena
– Ripetere lo stesso schema, privilegiando sempre una grande quantità di verdure e ortaggi e gli altri alimenti indicati, non utilizzati a pranzo.
– Frutta consentita: mele, pere, fragole, ciliegie, prugne fresche (sempre con la buccia).
– Evitare in una prima fase alimenti come pane, pasta, riso, fette biscottate ecc.
– In un secondo momento (basta solo qualche mese), dopo aver raggiunto la normalità troveremo il modo corretto di utilizzare i cereali integrali, in modiche quantità e sempre accompagnati da una grande quantità di verdure.
Il segreto della dieta, infatti, sta nella ricchezza di fibre e nella necessità di una lunga masticazione (elementi entrambi che favoriscono il corretto funzionamento del sistema omeostatico glicemico, attraverso la corretta stimolazione del sistema incretinico sia dell’incretina GIP che di GLP1).
Chi segue questo schema normalizza in breve tempo tutti i parametri metabolici alterati e dimagrisce sensibilmente di peso.
Se a questa dieta si aggiunge un farmaco inibitore delle DPP4, come il sitagliptin (TESAVEL 100 mg), aumenta la velocità di normalizzazione dei parametri metabolici,dal momento che il farmaco amplifica la quantità di incretine prodotte per via endogena dall’intestino.utilizzare il cioccolato fondente al 100% 30 —40 g al giorno
bloccare l’insulinoresistenza con la metformina.in questo modo si ha il migliore risultato possibile
t
loIn parole povere:
– utilizzare alimenti a basso indice glicemico,con valore massimo di 35;
– preferire quelli con indice da 0 a 25, anche se sono consentiti anche quelli con indice glicemico 35;
– consultare la tabella degli indici glicemici di Montignac.
Per saperne di più, sul sito www.diabeteeipertensione.it, leggere l’articolo “Guarire dal diabete tipo 2 lettera aperta ai diabetologi”.
e-mail: ferdinandocarotenuto@gmail.com
Cell. 3382692965 telefonando a questo numero posso fornire ulteriori chiarimenti.
Healing from TYPE 2 DIABETES
Patients with Type 2 Diabetes are considered cronics if they don’t undergo bariatric surgery that ensures healing in most of the cases (as Bilio-Pancreatic Diversion) .
The actual therapy for DM2 is only synthomatic, able to get low glicemy thanks to hyperinsulinism drug-inducted contrasting insulin-resistance, in this way it is possible to compensate the less insulin production (secondary at the reduction of Pancreas Beta-cells) and the Metformina low insulin-sensibilization action.
The reduction of Beta-cells is due to two factors: low production of GLP1 Incretin and increased apoptosis (caused by hyperglycemic stimulation not incretin-mimetic and burdened from farmachologic action of Secretagogues which stimulate Beta-cells to produce more insulin whithout encouraging their throphism, unlike from enteric Incretins). Metformina and Glitazonic drugs are insulin-senshibilizants.
A similar effect is obtained by the movement which, through the consumption of glucose, makes an insulin-like effect because it is able to create a difference in glucose concentration between the blood and the muscle cells.
It is possible because glucose moves from the blood to peripheral tissues thanks to a difference of concentration that is achieved thanks to several mechanisms: first of all movement and the other two are mediated in the liver and muscle, by esokinasi and glucokinasi (fast and insulin-dependent), enzymes that trigger conversion of glucose to glucose-6-phosphate.
Back to the bilio-pancreatic diversion surgery, we can try to understand which are its physiological basis .
One of my patients with type 2 diabetes associated to essential hypertension, hyperuricemia and gout with manifestations of kidney stones, he underwent this kind of surgery for a problem of severe obesity (weight 160 kg, height 170 cm).
In a few months after surgery he lost a lot of kilograms but he was still frankly obese, with normal values of pressure and blood sugar and uric acid, with a glycated to 4 and a HOMA index to 0.5 since a blood glucose of 80 fasting insulin levels corresponded to 3 U.
All this tells us that the diabetic and insulin resistant become not only normoglycemic but also hypersensitive to insulin.
Why all this?
All this can be explained by the fact that this type of surgery connects the last part of the small intestine directly to stomach, closing the passage to the duodenum.
In this way skipping the bilio-pancreatic tract deputy to the digestion of food and also its absorption it creates a condition of malabsorption able to reduce the weight.
At the same time the direct connection between the stomach and the distal segment of the small intestine determinates the arrival of a large amount of food just a little bit digested stimulating abnormally “L” Cells (producing incretin GLP1) which are located in that area and also in the first section of the Colon.
Finally there is a substantial increase of incretin GLP1 that among the incretin hormones is the most powerful because it doesn’t stimulate only the beta cells, providing for their trophism but it also inihibits glucagon-production alpha cells which, responsible of insulin resistance for hyper-gluconeogenesis, and the excess of fatty acids both which are released from the splitting of triglycerides under the action of glucagon, both for the effect against insular effect on all the stages of the biochemical intermediate metabolism
The result is an effect insulin-sensitizing, able to delete the insulin-resistance of diabetic type2, since the hyper-glucagonemia must be regarded as the cause of insulin resistance.
In fact, glucagon, like other hormones against insular effect but not increased in type2 diabetes, acts in the opposite direction, it is due to the action of insulin
The Glucagon sends a great amount of fatty acids in the blood circulation through lipolysis.
Fatty acids competing with glucose for the formation of acetyl-coenzyme A, they allow the entrance of less glucose at muscular level and so the substrate on which it can act on esokinasi or glucokinasi both decreases.
In the liver the passage of glucose is always performed for difference of concentration, so in normal conditions of glucagon block, the transition takes place from the blood to the liver, the same is done in reverse mode when the glucagon activates glycogenolysis and hypergluconeogenesi starting from the glycerol and the amino acids coming from Gluconeogenesys.
There is a condition of fatty acids excess so there is a lower glucose consumption from all the cells (insulin indipendent), since it is to create an excess of fatty acids, whereas the block acted by the GLP-1 Incretin (thanks to Somatostatin), directs the cells to consume more glucose to get the Acetyl-coenzyme-A.
The lost of fatty acids hampers insulin action, directly proportionate to glucagon, so the only way to antagonize this effect is an increased insulin response which it isn’t incretin-mediated and then it causes beta cell apoptosis.
Ignoring these biochemical mechanisms described above about the basis of insulin resistance, in order to heal from type2 diabetes it is necessary to resort to bariatric surgery because there are no other solutions (as bariatric surgeons say).
At this point I would like to point out a way that I have already had the opportunity to experiment simulating what we just said about Bilio-Pancreatic Diversion surgery and the insulin resistance.
It is necessary introducing into the diet all foods rich in fiber (even surpassing the value of 30-40 grams indicated and this recommendation isn’t followed by diabetic patient), moreover a low calories and low sugar diet stimulates minimum “L” cells.
For this reason a diet rich in fiber like vegetables, legumes, small amounts of integral grains, it is possible to create a stimulation of the distal portion of the small intestine with a physiological increase of GLP1- incretin, which allows the reduction of the insulin-resistance and also of the weight, because it nullifies the insulin-resistance and also the leptin resistance (which goes to stimulate adiponectin by reflex).
The overstimulation is also possible via vagal when the same diet requires a greater and intense mastication. About this topic it is advisable reading what is written about the diet for diabetics and obese, of course, always on the same site www.diabeteeipertensione.it
This kind of approach has enabled me to achieve in many patients getting the recovery from type 2 diabetes with normalization of blood glucose and glycated hemoglobin but also the values of insulin resistance, getting physiological hypoglycemia, that is not pharmacologically induced by oral hypoglycemic drugs.
All this is told so others could follow the same path and verify what has just been said and I have already been able to verify, In this way it is possible solving also many cases of essential hypertension secondary to hyperinsulinism due to insulin resistance in subjects not yet diabetic.
The dietary guidelines, first reported, allow a proper functioning of the glucose homeostatic system which is the premise to get the normal insulin levels.
Instead the currently recommended diet by most diabetologists is a low calorie and low sugar diet, but at the same time also poorly incretin mimetic, so there is a low “l” Cells stimulation with the result that always remains altered the ratio between beta and alpha cells and then persists hyperglucagonemy, responsible for insulin resistance and insulin production remains low, so it is necessary pharmacological stimulation with secretagogues that if on one hand it solves hyperglycemia temporarily, at the same time it doesn’t solve the insulin resistance and it also exacerbates the phenomenon of apoptosis of beta cells.
The same incretin mimetics orally can not have luck with a diet so conceived because the substrate of GLP1 is low, while it would be advisable to use them only if they are associated to a diet highly incretin mimetic that is the one recommended by me according to the explanations above.
The soluble fibers, imprisoning food and swelling, subtract a portion of food absorption, allowing for a great amount of food ingested to reach the station where “L” cells are, if they are not stimulated over time, they reduce their number and as consequence there is also the decrease of GLP-1 incretin in diabetics.
Diabetics that are GLP-1 hypo-producers, they become in a very short time hypersensitive to insulin with values around 0.5 after the Bilio-Pancreatic Diversion Surgery, as written above about my patient.
Today the diabetic patients are chronic all life long, after years of hyperinsulinism drug-induced, they need insulin therapy with all the linked problems, expecially in old people because the risk of hypoglycemia creates many problems also quite serious.
The insulin resistance forces in a hyperinsulinism that has impact on the cardio-vascular system and cancers (in this last case it is important to remember that insulin is a growthing factor, as recently published by Professor Bonanni of the IEO and Professor De Censi of Genoa, both oncologists.
Programmi alimentari tipo
L’articolo è stato scritto dal dott. Ferdinando Carotenuto, medico di Medicina generale a Boscoreale-Napoli 3382692965–Studio 081-8584729
La dieta che viene qui presentata è fatta anche di piatti unici che vengono riportati nella seconda parte.
Consiglio all’inizio di seguire la dieta fatta da piatti unici,in modo da eliminare alimenti come pasta-pane e riso integrale che invece potranno essere inseriti dopo aver raggiunto il peso ideale e la normalizzazione della glicemia e della emoglobina glicata.
LUNEDI’
A colazione:
- un caffè senza zucchero
- latte intero con cacao amaro oppure yogurt bianco intero (almeno 150 grammi)
- possibile aggiungere anche crusca sohn con psyllium bustine almeno due bustine
- oppure farina di carrube (Carobpulver) ditta Rapunzel (due cucchiaini)
- oppure semi oleosi come noci o mandorle o pistacchi non salati e non tostati
- oppure aggiungere al latte o allo yogurt 30 grammi di fiocchi di avena integrali
- nel latte o nello yogurt aggiungere 50 grammi di fiocchi di avena integrali, evitando le solite fette biscottate, se subito dopo ci si prepara a fare attività sportiva.
Di tutte le scelte indicate ognuno scelga quella che ritiene più opportuna.
Spuntino della mattinata:
- un frutto con la buccia (è possibile sostituire il frutto con un bicchiere di yogurt)
A pranzo:
- zuppa di fagioli (250 grammi) ovviamente cotti
- pesce (120 grammi)
- A scelta è possibile associare sempre verdure crude o cotte a volontà, da mangiare preferibilmente all’inizio del pranzo
- evitare di mangiare le carote cotte (buone quelle crude).
Spuntino del pomeriggio:
- un frutto con la buccia (è possibile sostituire il frutto con un bicchiere di yogurt).
A cena:
- bresaola (50 grammi)
- verdure crude o cotte a volontà
MARTEDI’
A colazione:
- come Lunedì
A pranzo:
- pasta integrale (50 grammi)
- 2 uova
- verdure crude o cotte a volontà
A cena:
- insalata di ceci (250 grammi)
- verdure crude o cotte a volontà
MERCOLEDI’
A colazione:
- come il Lunedì
A pranzo:
- zuppa di lenticchie (250 grammi)
- tonno al naturale (100 grammi)
- verdure cotte o crude
A cena:
- prosciutto crudo o cotto (50 grammi)
- verdure crude o cotte a volontà
GIOVEDI’
A pranzo:
- riso integrale (50 grammi)
- pesce a scelta (120 grammi)
- verdure crude o cotte
A cena:
- insalata di fagioli (250 grammi)
- verdure crude o cotte
VENERDI’
A pranzo:
- minestrone di verdure e legumi
- pollo, tacchino, vitello (120 grammi)
- verdure crude o cotte
A cena:
- tonno al naturale (100 grammi)
- verdure crude o cotte
SABATO
A pranzo:
- zuppa di ceci (250 grammi)
- pesce a scelta (120 grammi)
- verdure crude o cotte
A cena:
- 2 uova
- verdure crude o cotte
DOMENICA
A pranzo:
- pasta integrale (50 grammi)
- pollo, tacchino, vitello (120 grammi)
- verdure crude o cotte
A cena:
- brodo vegetale + stracciatella o minestrone
- piselli con olio e cipolla
- verdure crude o cotte
Condimenti:
- olio
- limone
- aceto
- aglio
- cipolla
- sedano
- carota
- erbe aromatiche: salvia, basilico, rosmarino, finocchietto, alloro, origano, maggiorana ecc.
NB Per le zuppe di fagioli, ceci e lenticchie: cucinare con olio, sedano, cipolla, pelati.
Per le uova: sode, all’occhio di bue, a frittata (funghi, carciofi, asparagi, cipolla zucchine……)
Per la pasta: condita con pomodoro e basilico, con funghi, con zucchine, con melanzane, con piselli, con asparagi, con pesce
Per il riso: lessato o risotto
Per la carne: cotta alla piastra, arrosto
Per il pesce: azzurro, merluzzo, tonno, seppie, vongole, palombo, rombo, spigola, baccalà, gamberi, pescatrice, filetti………
Sempre per il pesce: cotto alla piastra, al vapore, lessato, al forno
La pasta: di qualsiasi formato purché sempre integrale
Le verdure cotte: lessate ,alla griglia, di qualsiasi tipo
Il brodo vegetale con: sedano, carota, cipolla, pomodoro
La stracciatella: con uova e parmigiano
Le verdure crude: lattuga, scarola, radicchio, peperoni, finocchi, cetrioli, carciofi, zucchine, sedano, pomodori, ecc.
La frutta:mele, pere (con la buccia), agrumi (con la parte bianca),prugne,ciliegie e fragole
Olio extra vergine di oliva: 2 cucchiai
Pane: 2 fette di pane integrale.utilizzare quello di segale con dieci grammi di fibre,valore riportato sulla composizione alimentare.
E’ possibile utilizzare i semi oleosi come noci, nocciole, mandorle, anche 50 grammi al giorno
E’ più conveniente utilizzare i semi di zucca che consentono una notevole masticazione e stimolano intensamente il sistema incretinico.
Faccio notare che le quantità consigliate sono in rapporto all’attività del soggetto; per cui, se si ha ancora fame,è possibile integrare sempre con gli stessi alimenti. Si può aumentare la quota di latte e di yogurt, si può mangiare più di un frutto, si può aumentare la quota di pasta da 50 a 100 g. Importante è, però, scegliere sempre tra i cibi integrali in modo da non falsare la risposta omeostatica dell’organismo.
La pasta integrale può essere condita con funghi, con olive, con cozze, vongole, calamaretti oppure con alici, o con carne macinata magra. E’ possibile condirla con patè di cuori di carciofi frullati.
Utilizzare, al posto del sale raffinato, il sale iodato; ancora meglio il sale marino integrale.
Il primo e il secondo possono essere sostituiti con un piatto unico tipo:
- zuppa di fagioli con seppie e calamaretti
- zuppa di fagioli con funghi e vongole
- zuppa di fagioli con polipo
- zuppa di ceci con vongole e funghi
- zuppa di fagioli con broccoletti
- zuppa di lenticchie e broccoletti
- zuppa di ceci e funghi
- zuppa di lenticchie e carciofi
- insalata di seppie e fagioli
- insalata di tonno con funghi e piselli
- insalata di fagioli con pomodori
- insalata di polipi e fagioli
- insalata di fagioli e tonno
- insalata di ceci, calamari, rucola, pomodori secchi
- insalata di gamberetti, piselli, carciofi
- insalata di fagioli, gamberetti, radicchio, pomodorini
- insalata di fagioli, calamari, rucola, pomodori, sedano
- insalata di fagioli, rucola, pomodorini, gamberetti, cozze
- insalata di ceci, fagioli, gamberetti, pomodori secchi
- frittata con i fagioli o con i piselli
- uova sode con ceci e rucola
- insalata di ceci, rucola, carciofi
- insalata di ceci, calamaretti, pomodorini
- baccalà con ceci e fagioli
- calamari ripieni di piselli
- palombo con piselli
- spigola, orata, rana pescatrice con ceci e fagioli
- zuppa di cozze e ceci
- zuppa di fagioli e scarola
- zuppa di fagioli, ceci, funghi
- insalata di gamberetti e fagioli
- insalata di fagioli e cozze
- insalata di calamari, ceci e rucola con pomodori
- insalata di ceci e cavolfiori
- insalata di tonno e lenticchie
- insalata mare con taccole e uova sode
- taccole con noci e radicchio
- taccole con carciofi e zucchine
- zuppa di fagioli, lenticchie, ceci con cime di rapa
- filetti di sgombro con fagioli e piselli
- filetti di merluzzo con piselli
- insalata di tonno e fagiolini
- baccalà con piselli
- insalata di lenticchie, radicchio, noci
- insalata di lenticchie, olive, uova sode
- insalata di ceci e finocchi
- insalata di piselli, fagiolini, funghi, uova sode
- insalata di taccole, seppie, carciofi
- insalata di taccole,gamberetti, calamaretti
- filetti di pesce con pomodori, ceci, fagioli e fagiolini
- insalata di germogli di soia, finocchi, carote, uova sode
- insalata di germogli di soia,radicchio,carote
- insalata di germogli di soia, piselli, ravanelli
- insalata di germogli di soia, sedano, cipolla, gamberetti
- insalata di germogli di soia, finocchi, olive, capperi e acciughe.
- agnello con fave o piselli o fagioli
- manzo con fagioli o lenticchie
- pollo con ceci o fagioli
- insalata di pollo con ceci o fagioli o lenticchie
- frittata con uova e piselli
OMEOSTASI GLICEMICA
In condizioni fisiologiche i meccanismi preposti all’omeostasi glicemica,provvedono a mantenere anche l’omeostasi del peso del soggetto, per cui una qualsiasi causa che và a interferire su tali meccanismi porta come prima conseguenza l’aumento di peso che se protratto nel tempo e se significativo diventa la premessa per l’instaurarsi dell’insulino resistenza che a sua volta favorisce l’aumento di peso,proprio a causa dell’iperinsulinismo reattivo che diventa anche elemento determinante nell’instaurazione della maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa essenziale che invece sono da ricondurre all’iperinsulinismo,dato l’effetto simil aldosteronico
dell’insulina.
Col trascorrere del tempo e col persistere dell’aumento di peso e dell’insulinoresistenza si viene a creare,ma solo dopo anni,un esaurimento del patrimonio betacellulare del pancreas che porta all’iperglicemia per l’incapacità di far fronte all’insulinoresistenza con una maggiore produzione di insulina che invece nel corso degli anni aveva assicurato la normo glicemia.L’iperinsulinismo secondario all’insulinoresistenza non è incretino mediato per cui viene a mancare quello stimolo trofico che evita l’apoptosi delle betacellule, così come viene a mancare la maggiore inibizione delle cellule alfa,produttrici di glucagone.
Tutto quanto appena detto è dovuto alla minore produzione dell’incretina del tratto distale del tenue che attraverso la GLP1 và a determinare un’azione insulinosensibilizzante, dal momento che bloccando la produzione di glucagone,ormone controinsulare,consente di mantenere la glicemia con una minore quantità di insulina,oltre al fatto che interviene sul peso attraverso l’inibizione del centro della fame,oltre ad andare a determinare un maggiore consumo di grassi per il tramite dell’adiponectina.
La minore produzione di GLP1 è dovuta semplicemente al fatto che l’alimentazione moderna,priva di fibre, non consente al cibo introdotto di arrivare in grande quantità là dove sono le cellule elle,nel tratto distale del tenue e nella prima parte del colon,per stimolarle alla produzione della più potente incretina del sistema per la sua azione insulinosensibilizzante, appena citata, che così và creare le premesse per quell’insulinoresistenza che obbliga le betacellule a una risposta non però incretino mediata.
A questo punto però si apre un altro grande capitolo che è quello della conoscenza degli intimi meccanismi dell’omeostasi glicemica. non si può assolutamente ignorare il ciclo di Krebs che entra in gioco come elemento determinante per la comprensione dei suddetti meccanismi fisiologici, così come di quelli che vanno a minarne le basi omeostatiche.
Si apre pure un altro capitolo sull’insulino resistenza,senza il quale non è assolutamente possibile capire la fisiopatologia del diabete tipo2
Nella discussione sull’omeostasi glicemica diventa un argomento principe lo studio della fisiologia delle incretine, che diventano così la chiave di volta in grado di spiegare così sia l’aumento di peso, sia l’insulinoresistenza e sia,per finire, il diabete tipo2.
Come si vede gli argomenti sul tappeto sono molti e tutti da approfondire, cosa che mi riprometto di fare a breve,pubblicando adesso già questa bozza in modo da dare ai colleghi interessati all’argomento un’idea di quanto si vuole dimostrare e cioè che i disturbi dell’omeostasi glicemica che sono alla base sia dell’aumento di peso che della maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa detta essenziale e dei casi di steatosi epatica non alcolica. sono inquadrabili e anche reversibili, per cui tutti i pazienti con tali patologie come l’ aumento di peso, (così diffuso adesso già in età pediatrica),la steatosi epatica, l’insulinoresistenza, l’ipertensione e il diabete tipo2,possono guarire sulla base del ripristino della normosensibilità all’insulina che si ottiene andando a ripristinare la normale fisiologia del sistema omeostatico glicemico.
Tale articolo sarà completato nei prossimi giorni e sarà così finalmente chiaro quanto esposto in premessa,fornendo così una visione unitaria di tante patologie che vengono trattate singolarmente,proprio perchè si ignorano le interconnesioni.
Nella regolazione dell’omeostasi glicemica e del peso entrano in gioco diverse sostanze come la grelina,le incretine GIP e GLP1,la leptina e l’adiponectina,queste ultime due prodotte dal tessuto adiposo,mentre le altre dall’apparato digerente,(la grelina dallo stomaco e le incretine dall’intestino).
Incominciamo dalla grelina per capire qualcosa in più di quanto detto finora.
La grelina viene secreta dallo stomaco quando è vuoto, mentre la sua produzione viene inibita all’entrata del cibo e per il tempo che ci resta.La grelina agisce stimolando il centro della fame,per cui l’entrata del cibo nello stomaco và a fermare quest’azione,nel senso che viene meno l’effetto stimolante.Sulla base di queste considerazioni i farmacologi hanno pensato di preparare un vaccino che stimoli la formazione di anticorpi contro la grelina con l’intento di bloccare tale sostanza.L’inconveniente è però che in questo modo si viene a creare un soggetto con anoressia farmacologicamente indotta e quindi tale scelta è stata subito abbandonata.
Alla luce delle cose dette prima possiamo pensare come utilizzare al meglio la funzione della grelina.Il modo più semplice è quello perciò di preferire dei cibi che abbandonano lo stomaco in un tempo maggiore in modo da ritardare la ripresa della produzione di grelina.
ritardano lo svuotamento dello stomaco le proteine, i grassi e le fibre solubili contenute negli alimenti per cui si capisce subito che qualsiasi manipolazione determini un’alterazione del cibo ne va a minare le caratteristiche di interferenza col sistema omeostatico.
in questo modo un alimento come il latte, privo di grassi, abbandonerà lo stomaco molto tempo prima,facendo così scattare prima la produzione di grelina;lo stesso avviene se attraverso la raffinazione degli alimenti eliminiamo le fibre.si capisce perciò che qualsiasi cambiamento viene apportato al cibo integrale originale và a disturbare il sistema omeostatico con le relative ripercussioni che nel caso della grelina si traducono in un aumento della stimolazione del centro della fame,per cui lo stesso alimento,a parità di calorie,ma modificato nella sua struttura,determina risposte diverse che si ripercuotono sensibilmente sul peso.
L’articolo sarà completato a breve
ferdinandocarotenuto@gmail.com 3382692965
Tale articolo è stato scritto dal dott. Ferdinando Carotenuto, medico di Medicina Generale a Boscoreale–Napoli 3382692965–0818584729
L’intervento di diversione bilio-pancreatica,così come altri interventi di chirurgia bariatrica,viene utilizzato per la riduzione marcata di peso nei soggetti grandi obesi.
A differenza però degli altri tipi di interventi, quello di diversione bilio-pancreatica determina la scomparsa del diabete tipo2 nel 100 % dei pazienti. Tutto questo avviene nel giro di soli due mesi quando il paziente è ancora obeso, anche se ovviamente con un peso inferiore rispetto al valore iniziale.
Non accade invece la stessa cosa con gli altri interventi di chirurgia bariatrica (nel senso che la guarigione si realizza in una percentuale più bassa, anche se comunque significativa, intorno al 70-80%) né accade nei pazienti in trattamento farmacologico che invece restano diabetici a vita anche se in buon compenso metabolico. e con progressione dell’esaurimento delle cellule beta,per cui a un certo punto è necessario la somministrazione di insulina sottocute.
Pensare perciò di sottoporre i soggetti con diabete tipo2 a intervento di diversione bilio-pancreatica non è semplice perchè se tale intervento è facilmente comprensibile per un grande obeso, lo diventa di meno o non lo diventa affatto per un soggetto che molte volte è solo in sovrappeso e quindi non pensa assolutamente di sottoporsi a tale tipo di intervento,oltre al fatto che interventi di questo tipo sono consentiti solo nei soggetti grandi obesi,nei quali il rischio e le conseguenze dell’intervento sono inferiori al problema della grande obesità.
A questo punto però sorge spontanea una domanda:quali sono i meccanismi fisiopatologici che consentono in chi viene sottoposto a tale intervento di guarire dal diabete tipo2? Perchè tutto questo non accade con la stessa percentuale con gli altri interventi di chirurgia bariatrica? Perchè non accade invece con quelli sottoposti al solo trattamento farmacologico?
Rispondere a queste domande serve non solo a capire meglio la fisiopatologia del diabete tipo2 ma anche a trovare una soluzione per la sua scomparsa così come avviene per i pazienti diabetici sottoposti a intervento di diversione bilio-pancreatica, o anche ad altro intervento di chirurgia bariatrica.
La prima riflessione spontanea è questa: l’intervento di diversione bilio-pancreatica fà saltare al cibo introdotto nello stomaco il tratto bilio-pancreatico per cui,per forza di cose, non viene sottoposto alla digestione assicurata dalla concomitanza di azioni della bile e del secreto pancreatico, per cui i grassi non vengono né digeriti né assorbiti.Per gli zuccheri e le proteine c’è sicuramente una minore digestione e anche un minore assorbimento, anche se non si arriva al basso valore ottenuto per i grassi e tutto questo perchè una parziale digestione con un parziale assorbimento avviene nel tratto residuo di intestino tenue che chirurgicamente è stato collegato direttamente allo stomaco,interrompendo quel passaggio al duodeno dove,come sappiamo, converge sia la bile che il succo pancreatico.
In sintesi il soggetto sottoposto a intervento di diversione bilio-pancreatica, di tutto quello che introduce con gli alimenti, non assorbe che una parte ridotta di zuccheri vuoi per la minore digestione ,vuoi per il minore assorbimento, inoltre non assorbe quasi per niente i grassi a causa della mancata digestione, e quindi anche per il mancato assorbimento che può avvenire solo in presenza di bile.
Non è però da sottovalutare anche un altro elemento, rappresentato dal fatto che il soggetto sottoposto a intervento di diversione bilio-pancreatica,proprio perchè assorbe solo in parte gli alimenti introdotti,nel corso della giornata ne introduce una quantità di gran lunga superiore a quella di un soggetto normale,oltre al fatto che questo tipo d’intervento consente al cibo di arrivare subito e quindi in maggiore quantità al tratto distale dell’ileo dove le cellule L producono un’incretina il GLP1 che è molto più potente per il suo effetto inibitorio sulle cellule alfa produttrici di glucagone.
In questo modo si viene a creare a livello intestinale una maggiore produzione incretinica che determina il rilascio di una maggiore quantità di insulina, e anche di una maggiore stimolazione alla produzione, ma anche un effetto inibitorio sulle cellule alfa produttrici di glucagone,ormone controinsulare, con l’effetto di determinare una notevole azione ipoglicemizzante, capace e sufficiente a vicariare la minore produzione di insulina in rapporto al ridotto patrimonio delle cellule beta, che col tempo sottoposto a tale continua sollecitazione tende a normalizzarsi per l’azione trofica dell’incretina GLP1 così prodotta.
Per tale motivo il paziente,sottoposto a tale tipo di intervento,vede la normalizzazione della sua glicemia e della sua insulinoresistenza quando ancora resta obeso.
Tale situazione perdura nel tempo nel senso che la glicemia resta sempre nella norma con valori normali di insulinemia,fatto questo che lascia perciò pensare a una maggiore stimolazione incretinomimetica per i motivi appena poco fà accennati.
Si consideri inoltre il fatto che questo tipo d’intervento riduce sensibilmente il transito dallo stomaco all’ultima parte dell’ileo,dove ci sono le cellule produttrici di incretine e questo fatto determina una stimolazione incretinica in un tempo minore proprio per il percorso più breve fatto dal cibo, ma anche in maniera più intensa per la quantità di cibo che raggiunge quel tratto dell’intestino, cosa questa che si realizza in condizioni fisiologiche solo se la dieta è ricca di fibre insolubili che velocizzano il transito intestinale per una loro maggiore azione peristaltica.Quanto appena detto va tenuto presente e nella giusta considerazione se si pensa al fatto che con l’alimentazione raffinata,povera di fibre lo svuotamento gastrico è più veloce,facendo così arrivare all’intestino una maggiore quantità di nutrienti nell’unità di tempo, ma subito dopo c’è un rallentamento per la diminuita peristalsi dovuta alla carenza di fibre che ritarda così l’arrivo del cibo in sede ileale dove può avvenire la stimolazione delle cellule produttrici di incretine che svolgono diverse funzioni come quella di ritardare lo svuotamento gastrico,l’inibizione della fame e inoltre la stimolazione delle cellule beta sia nel loro trofismo che nel rilascio di insulina.oltre alla potente azione ipoglicemizzante che si viene a realizzare con l’inibizione delle dellule alfa produttrici di glucagone che per la sua azione controinsulare è causa di iperglucagonemia nel diabetico tipo2,fatto questo che comporta sia una ipergluconeogenesi che un aumento degli acidi grassi,fattori entrambi iperglicemizzanti per il fatto che gli acidi grassi competendo col glucosio per formare l’Acetil coenzima A,ne riducono il consumo che si associa a un aumento dovuto alla maggiore produzione di glicerolo oltre all’aumento della glicogenolisi epatica.
tutto questo viene bloccato nel soggetto sottoposto a diversione bilio-pancreatica,proprio perchè si viene a creare,come detto prima, una notevole stimolazione delle cellule ELLE del tratto distale dell’ileo e della prima parte del colon che determina un incremento nel rilascio di incretine del tipo GLP1
per dimostrare quanto detto è sufficiente determinare nei soggetti sottoposti a tale intervento sia il glucagone e verificare così che non c’è iperglucagonemia, così come pure il dosaggio del GLP1 che sarà nella norma o sicuramente aumentato tanto è vero che i soggetti sottoposti a tale intervento hanno un indice di HOMA la metà dei soggetti normosensibili, fatto questo che io ho potuto verificare di persona su alcuni miei pazienti.
Come si vede l’intervento va a realizzare condizioni che convergono attraverso le varie azioni sopra descritte a regolarizzare la glicemia in soggetti ancora obesi.
Si aggiunga a tutto questo il fatto che in questo modo si viene a determinare per forza di cose una riduzione sensibile della massa adiposa viscerale che così comporta una riduzione di quella iperproduzione sia di glicerolo, fonte di ipergluconeogenesi, sia di acidi grassi che,competendo con gli zuccheri per la formazione dell’acetil coenzima A determinano di fatto un minore consumo periferico di glucosio da parte di tutte le cellule dell’organismo.
La somma di tutti questi fattori appena indicati diventano determinanti sia per ridurre a mano a mano i valori glicemici,sia per annullare l’insulino resistenza,andando a ripristinare quella normosensibilità, premessa indispensabile per determinare la guarigione dal diabete tipo2.
Quanto appena detto è facilmente verificabile nei soggetti diabetici obesi sottoposti a intervento di diversione bilio-pancreatica.la determinazione della glicemia associata a quella dell’insulinemia e dell’emoglobina glicata ci fà vedere un valore basso di glicata, un valore nella norma di glicemia e un valore basso di insulinemia espressione di normosensibilità,fenomeno quest’ultimo venuto a realizzarsi per il concorrere di tutti quei fattori poco prima menzionati- e cioè la maggiore stimolazione incretinica per la maggiore velocità di transito del cibo dallo stomaco all’ileo,il ridotto assorbimento di grassi e di zuccheri,che impediscono quell’accumulo di glicogeno causa di insulinoresistenza per i motivi già tante volte ricordati.
A questo punto si possono seguire due strade:la prima è quella di mettere il soggetto diabetico nelle stesse condizioni di chi viene sottoposto a intervento di diversione bilio-pancreatica, assicurandogli una corretta quantità di proteine,una ridotta quantità di zuccheri e riducendo i grassi solo a quei pochi che consentono di assicurare la fornitura di quelli cosidetti essenziali che, non potendo essere sintetizzati, necessitano dell’assunzione dall’esterno.A tutto questo si aggiunga il fatto di introdurre cibi ad alto contenuto di fibre,sia solubili che insolubili,in modo da andare a determinare un rallentamento dello svuotamento gastrico per il tramite delle fibre solubili e invece una velocizzazione del transito intestinale per il tramite di quelle insolubili,in modo da arrivare a una precoce e duratura stimolazione incretinomimetica che invece manca nell’alimentazione raffinata della nostra società
In questo modo è verosimile pensare che avremo lo stesso risultato che il professore Scopinaro ha avuto con i suoi pazienti sottoposti a intervento di diversione bilio-pancreatica e cioè scomparsa al 100% dei casi di diabete tipo2, e tutto questo prima ancora che il paziente diventi magro, quando è ancora obeso.
I colleghi, sia essi diabetologi che internisti, non hanno che da verificare tale ipotesi sul campo anche se capisco che non è semplice convincere il paziente a fare una dieta di sole proteine, senza grassi e con pochissimi carboidrati.Posso assicurarvi da parte mia che tale metodo funziona e che i risultati sono davvero incoraggianti perchè ci si accorge che a mano a mano che si procede con tale tipo di dieta i valori glicemici scendono fino ad arrivare non solo alla normalità,alla scomparsa totale del cosidetto effetto alba, ma sopratutto alla scomparsa dell’insulinoresistenza che è quella che impedisce all’insulina presente di funzionare così come accade invece nei soggetti normosensibili.
Il secondo punto da trattare è questo:spiegare in termini fisiopatologici perchè tutto questo è possibile non solo con l’intervento di diversione bilio-pancreatica ma anche con la dieta appena proposta che è tout court una simulazione di quello che avviene con l’intervento chirurgico.
Tale argomento però sarà trattato a breve in un altro articolo e consentirà di capire finalmente tutti gli intimi meccanismi che sono alla base dell’insulino resistenza nel diabete tipo2 e anche di come è possibile ripristinarne la normosensibilità, come di fatto già avviene nei soggetti sottoposti all’intervento chirurgico appena citato, ma anche in quelli che con la sola dieta appena sopra proposta vedono scomparire sia l’iperglicemia che l’insulinoresistenza,così come ho potuto verificare di recente su alcuni miei pazienti.
Sarà opportuno perciò chiarire tutta una serie di passaggi sia di natura biochimica che fisiologica e fisiopatologica che alla fine saranno messi insieme da un unico filo conduttore che farà finalmente luce in modo chiaro e inequivocabile sulla fisiopatologia del diabete tipo2 e sulla possibilità di guarigione peraltro già dimostrata da oltre venti anni dal professore Scopinaro col suo intervento di diversione bilio-pancreatica.
In attesa della preparazione di tale articolo che ho già presente in tutti i suoi punti ma che ho solo la necessità di organizzare in modo chiaro da consentire a chi legge di comprendere subito e bene gli intricati meccanismi fisiopatologici che vengono a instaurarsi nel diabete tipo2 , chiedo ai colleghi di incominciare a seguire la strada prima indicata che diventa di fatto una simulazione quasi al 100% di quella realizzata dall’intervento chirurgico di diversione bilio-pancreatica.
Faccio notare una delle anomalie che riscontriamo nel soggetto diabetico che pur avendo una iperglicemia gli consentiamo di aggiungere altri zuccheri, senza tenere presente anche l’importanza dei grassi che nel momento in cui sono presenti fanno bruciare meno zuccheri, anche perchè è venuto meno l’iperinsulinismo compensatorio che fino a quel momento aveva mantenuto nella norma la glicemia e cosa che noi continuiamo a fare con i farmaci secretagoghi che stimolando il rilascio di insulina contribuiscono a quell’iperinsulinismo appena citato,senza però interrompere questo circolo vizioso che alla fine lascia il paziente diabetico a vita,negandogli quella guarigione che altri hanno ottenuto attraverso le modalità prima indicate.
Voglio aggiungere una cosa molto semplice che diverrà chiara quando sarà pronto l’articolo in itinere sulla fisiopatologia del diabete tipo2:seguendo la dieta appena indicata si riesce in breve tempo a normalizzare i valori glicemici,fatto questo che non deve indurre a interromperla fino a quando non riusciremo a determinare quell’ipoglicemia fisiologica che sarà la riprova del completo svuotamento dei depositi di glicogeno del fegato .Posso assicurarvi che oggi tutto questo è ben chiaro potendo così finalmente dare una svolta significativa a una patologia che sembra dover accompagnare inesorabilmente il paziente per tutta la vita.
In attesa della preparazione del prossimo articolo voglio fare già adesso una breve sintesi, in modo da dare subito ai colleghi l’idea del modello proposto per la fisiopatologia del diabete tipo2,consentendo così di poter operare da subito per quel lavoro di normalizzazione non solo della glicemia, ma sopratutto per la scomparsa dell’insulinoresistenza che, una volta eliminata,consentirà di interrompere quel circolo vizioso che il paziente diabetico si porta dietro per tutta la vita fino ad arrivare al trattamento insulinico.
In condizioni fisiologiche,in un soggetto normopeso,il rifornimento energetico alle cellule viene assicurato dal 50-60% dai carboidrati e dal 20-25-% dai grassi.La quota restante riguarda le proteine.In questo modo il tessuto adiposo, per le sue dimensioni,è in grado di provvedere in minima parte al rifornimento energetico delle cellule, per cui necessita sempre dell’integrazione epatica che per le sue riserve di glicogeno contribuisce alla quota restante,determinando così lo svuotamento di glicogeno del fegato che a sua volta necessita di ripristino dall’esterno.
Tutto questo cambia totalmente nel momento in cui l’aumento della massa adiposa viscerale,ingrandendosi,non contribuisce più per il 20% ma diventa tale da non avere più la necessità dell’integrazione epatica,al punto che finisce col superare tale valore e fornire più di quanto sia necessario.Di tutto questo non ci accorgiamo perchè nel momento in cui si alza la glicemia,l’intervento dell’insulina blocca la lipolisi, mentre invece viene fuori quando la mancanza relativa di insulina nel diabete non è più in grado di fermare questa iperproduzione da parte del tessuto adiposo.
Si tenga conto inoltre di un fatto importante:la maggiore liberazione di trigliceridi rilasciata dal tessuto adiposo viscerale aumentato diverse volte il valore normale,non più frenato dall’iperinsulinismo fisiologico compensatorio determina non solamente un aumento dell’ipergluconeogenesi per il tramite del glicerolo, ma anche e sopratutto un minore consumo di glucosio per l’eccessiva quantità di acidi grassi liberati che vanno così a competere col glucosio per la formazione dell’Acetil coenzima A.Quest’ultimo fattore appena indicato è di gran lunga più importante dell’ipergluconeogenesi da glicerolo, per cui l’obiettivo da tenere presente è quello di riportare il tessuto adiposo viscerale al minore valore possibile in modo da ristabilire quel gioco fisiologico che esiste tra glucosio e grassi nella fornitura del materiale energetico.In sintesi possiamo dire che l’iperglicemia è il risultato di una maggiore gluconeogenesi, ma sopratutto di un minore consumo periferico di glucosio a causa della notevole quantità di acidi grassi liberati, fattori questi che insieme vanno anche a riempire i depositi di glicogeno che diventano così incapaci di ammortizzare l’iperglicemia che si è venuta a determinare.Si faccia questo semplice calcolo:per soli 30 grammi di grasso non vengono bruciati ben 70 grammi di glucosio,mentre invece per 50 grammi di grasso si arriva oltre i 110 grammi,se poi si aggiunge anche la quota di carboidrati dall’esterno si capisce che i valori glicemici aumentano ancora di più anche perchè resta invariato il consumo periferico. Questi numeri danno un’idea abbastanza precisa del fenomeno che in genere è quasi misconosciuto;per questo motivo l’intervento di diversione bilio-pancreatica raggiunge successi in percentuale superiore agli altri interventi di chirurgia bariatrica che, pur facendo dimagrire il paziente in modo sensibile,non limitano l’assorbimento dei grassi e dei carboidrati per cui si crea l’inconveniente di cui poco prima abbiamo parlato.A questo punto però,e lo si capisce subito,se il paziente sottoposto ad esempio a intervento di gastrectomia verticale viene anche istruito sulla necessità di una riduzione drastica e dei carboidrati ma sopratutto dei grassi, non si potrà che avere lo stesso risultato che si ha nei soggetti con diversione bilio-pancreatica, col vantaggio però che sicuramente si evita una sindrome da malassorbimento e si modula nel tempo l’introduzione dei nutrienti in funzione dell’andamento del peso e della glicemia.
Come si vede c’è un gioco complesso e intricato di meccanismi fisiopatologici che , solo se tenuti presenti, consentiranno di fare quello che il professore Scopinaro invece realizza col suo intervento di diversione bilio-pancreatica.
L’osservazione clinica infatti ci fà vedere che il soggetto diabetico, anche se non introduce cibo,vede aumentare la glicemia.Questo stà a significare che c’è una iperproduzione interna che nel soggetto normale(obeso-iperproduttore di glicerolo e di acidi grassi) viene mascherata e annullata dall’iperinsulinismo compensatorio che già molto spesso si accompagna a ipertensione arteriosa che si continua a ritenerla essenziale e invece è secondaria a insulinoresistenza.
Riducendo pertanto la massa adiposa viscerale,assieme alla mancanza di grassi esterni, si finisce con il raggiungere un valore tale per cui, anche se per poco c’è la necessità di integrazione del fegato che comincia così a svuotarsi di glicogeno, elemento indispensabile per abbassare l’insulinoresistenza, anche se bisogna arrivare nelle condizioni di un raggiungimento di valori normali della massa adiposa viscerale,premessa indispensabile per un fisiologico funzionamento, anche se la normalizzazione dei valori glicemici si ha molto prima che si raggiunga tale valore ottimale.
Nella pratica quotidiana non solo diventa difficile ridurre la massa adiposa viscerale che è il primum movens nel diabete tipo2 della iperproduzione sia di glicerolo che di acidi grassi,ma capita spesso che il paziente aumenti di peso proprio perchè la somministrazione dei farmaci secretagoghi lo costringe a mangiare per evitare l’ipoglicemia.Aggiungi a tutto questo il fatto che resta l’introduzione dei grassi e dei carboidrati,anche se in misura minore, ma non tale da portare a un miglioramento sensibile se non dovuto all’effetto degli ipoglicemizzanti orali che ripristinano quell’iperinsulinismo farmacologico che prima era mantenuto nel soggetto pre-diabetico da quello fisiologico.Se non si interrompe perciò questo circolo vizioso ci si accontenterà solamente di mantenere la glicemia nei valori accettabili,rinunciando però alla possibilità di guarigione che si avrà solo nel momento in cui sarà possibile annullare l’insulinoresistenza di cui prima abbiamo già parlato.
Si tenga presente che i soggetti diabetici che comunque hanno ridotto il loro peso a valori più bassi possono restare tali per il fatto che continuano a introdurre una quantità di grassi tale che non potendo essere spostata verso i depositi,resta in circolo e competendo col glucosio ne riduce drasticamente il consumo per cui è sempre necessaria la limitazione notevole dei lipidi in modo che nel momento in cui và ad aumentare il consumo di glucosio,ovviamente non compensato dall’apporto esterno potrà cominciare quello svuotamento dei depositi di glicogeno del fegato che è la premessa per il ripristino del funzionamento degli enzimi esokinasi e glucokinasi già molte volte ricordati.
importante però resta l’assunzione di cibo ad alto contenuto di fibre che deve poter consentire la stimolazione e la produzione a livello dell’ileo distale delle incretine GLP1 che per la loro azione ipoglicemizzante dovuta all’inibizione delle cellule alfa produttrici di glucagone,diventano elemento determinante nella risoluzione del problema, consentendo un rapido instaurarsi della normosensibilità all’insulina.
Si ricordi sempre il fatto che questo è possibile e che l’intervento di diversione bilio-pancreatica l’ha già dimostrato nel 100% dei pazienti.Non resta che ottenere lo stesso risultato anche nei pazienti non sottoposti a intervento ma nei quali però si va a simulare la stessa situazione così come già descritto precedentemente.Devo constatare però che questo non accade nella pratica quotidiana tanto è vero che ci si accontenta di avere una glicata attorno a 6-7,valori che indicano una media glicemica oltre 130 che non potrà mai consentire lo svuotamento di glicogeno del fegato e dei muscoli,premessa indispensabile per l’annullamento dell’insulinoresistenza.
Al momento una lettura dell’articolo sempre sullo stesso sito:”chiarite le cause dell’insulinoresistenza” consentirà già di avere una visione più chiara di quanto appena detto, anche se mi rendo conto della necessità di una trattazione più completa in modo da mettere i colleghi interessati al problema “diabete tipo 2” di poter ottenere nella pratica quotidiana gli stessi risultati che il Professore Scopinaro ottiene da anni col suo intervento di diversione bilio-pancreatica.
In conclusione possiamo dire che i soggetti grandi obesi ma anche diabetici che sono sottoposti a intervento di diversione bilio-pancreatica guariscono dal diabete tipo2 sia perchè la riduzione di peso porta a una sensibile e progressiva diminuzione della massa grassa viscerale che con la sua iperproduzione di dismissione in circolo di una maggiore quantità di trigliceridi è il primun movens della noxa diabetica sia per l’aumento della gluconeogenesi per il tramite del glicerolo, sia e sopratutto per la notevole quantità di acidi grassi liberati in circolo che competono col glucosio per la formazione dell’Acetil coenzima A,oltre al fatto che in questo modo,per i motivi già prima esposti, si annulla l’insulinoresistenza a livello epatico e muscolare per lo svuotamento dei depositi di glicogeno che consentono così e alla via enzimatica lenta data dall’esokinasi sia alla veloce data dalla glucokinasi di funzionare e di consentire il passaggio del glucosio per differenza di concentrazione.Resta solo perciò alla fine la minore produzione di insulina nei confronti di un soggetto normale, ma tutto questo non comporta niente per il fatto che è scomparsa l’insulinoresistenza e l’iperproduzione di trigliceridi,oltre al fatto che il mancato assorbimento dei grassi assieme al minore assorbimento di carboidrati consentono di far restare la glicemia nella norma per l’attivazione continua data dall’esokinasi che funziona sempre anche senza l’intervento dell’insulina.
In sintesi si può dire,usando un linguaggio più tecnico,che nel soggetto con diabete tipo2, al suo sistema omeostatico glicemico di cui il sangue è un elemento,arriva una iperproduzione interna di materiale energetico rappresentato da grassi e glucosio, a cui và ad aggiungersi una fornitura esterna che,contribuendo all’aumento della glicemia, vanno così a determinare il riempimento dei depositi di glicogeno del fegato e dei muscoli instaurando così quell’insulino resistenza legata al blocco metabolico a livello dell’UDPG sulla sintesi del glicogeno la cui conseguenza immediata è il blocco degli enzimi ‘esokinasi e glucokinasi, deputati entrambi alla trasformazione del glucosio in glucosio 6 fosfato. In questo modo viene impedita il realizzarsi di quella differenza di concentrazione che invece in condizioni fisiologiche permette l’accumulo,sotto forma di glicogeno, del glucosio ematico.Per questo motivo la riduzione delle due iperproduzioni,interna ed esterna,è la sola via che consente di andare ad annullare l’insulinoresistenza appena descritta e tutto questo lo fà bene sia l’intervento del professore Scopinaro, sia chi, così come sopra descritto, và a simulare la stessa situazione.In questo modo si arriva per forza di cose alla guarigione dal diabete tipo2,perchè si blocca l’iperproduzione interna che è causa non soltanto di ipergluconeogensi ma sopratutto di aumento di acidi grassi, si limita quella esterna per cui non c’è sommatoria e si annulla così tout court l’insulinoresistenza perchè si ripristina il funzionamento degli enzimi esokinasi e glucokinasi che permettono il passaggio lento e veloce del glucosio negli organi glicogenosintetici per essere capaci di creare quella differenza di concentrazione così come prima e più volte già accennato.
Si consente inoltre l’incremento di GLP1, che invece è carente nel diabete tipo2,che per la sua potente azione ipoglicemizzante ampiamente documetanta,ci consente di ottenere lo stesso risultato.
A quanto appena detto si aggiunga quest’ultima considerazione:il soggetto diabetico ha quindi un minore consumo di glucosio ben lontano dai valori ottimali che si realizzano in condizioni fisiologiche quando a contribuire alla fornitura energetica delle cellule il glucosio interviene nella misura del 50-55% rispetto al 20-25% dei grassi.Tale rapporto nel diabetico si sovverte totalmente per la maggiore produzione di trigliceridi data dall’aumento del tessuto adiposo viscerale, aumento non più frenato dall’iperinsulinismo compensatorio nel soggetto non ancora diabetico.Per questi motivi si creano le condizioni fisiopatologiche prima descritte e che però possono essere ribaltate attraverso le modalità sempre sopra indicate e di cui l’intervento di diversione bilio-pancreatica ne rappresenta un esempio,proprio perchè,giova ancora ripeterlo, realizza nel tempo una diminuzione della massa adiposa viscerale che così diminuisce la sua iperproduzione, oltre a ridurre drasticamente l’apporto esterno dei grassi assieme a una marcata riduzione anche dei carboidrati attraverso le modalità già spiegate nel corso dell’articolo.Tenendo presente questo modello si può essere certi di avere la guarigione dal diabete tipo2 in un tempo abbastanza breve, anche se conviene per le ragioni fisiopatologiche di dui sopra,di spingerci in modo tale da avere una riduzione del tessuto adiposo al punto tale che la sua fornitura si attesti al 20%,in modo da consentire così l’introduzione di una maggiore quantità di carboidrati che si renderà necessaria per la fornitura energetica delle cellule.
Si tenga presente che questo risparmio di carboidrati a spese dei grassi che diventano i maggiori fornitori di Acetil coenzima A consente in condizioni fisiologiche di tenere la glicemia a valori tali per cui non scatta il senso della fame e quindi dovrebbe evitare l’introduzione di altri alimenti,dall’altra consente di ridurre il tessuto adiposo e di riportarlo così a quei valori fisiologici che,come abbiamo detto prima, consentono il giusto equilibrio di fornitura tra fegato e tessuto adiposo, evitando così l’instaurarsi di quelle condizioni che portano all’insulinoresistenza che a sua volta necessita di essere compensata dall’ iperinsulinismo che a lungo andare porta a quell’esaurimento parziale delle betacellule che sfociano nel diabete tipo2, nel momento in cui la produzione di insulina sarà inferiore all’insulinoresistenza presente.
Solo avendo questa visione d’insieme sarà possibile fare quanto appena proposto, consentendo così la guarigione dal diabete tipo2 dovuta alla scomparsa dell’insulinoresistenza secondaria,come prima abbiamo detto, all’iperproduzione interna ed esterna sia di grassi che di carboidrati.
leggere l’articolo “” Chiarite le cause dell’insulinoresistenza”
POST SCRIPTUM:Mi sia consentita un’ultima riflessione sull’intervento di diversione bilio-pancreatica.Esso non è importante per il fatto che consente di guarire il paziente dal diabete tipo2,perchè non convince l’idea di sottoporre i diabetici tipo2 a tale tipo d’intervento, a meno che essi non siano dei grandi obesi.Importante è invece la lettura che bisogna dare al risultato che riesce ad ottenere:l’intervento di diversione bilio-pancreatica ci dice che il processo patogenetico che porta al diabete tipo2 è un processo reversibile, che lo è in tempi brevi e lo può essere in modo duraturo.Si tratta solo di capire come tutto questo avviene e di questo, pur avendone parlato ampiamente nell’articolo di cui sopra,voglio ricordare i punti essenziali:
1)Riduzione sensibile della massa adiposa viscerale in modo da diminuire l’iperproduzione di trigliceridi,causa non soltanto di ipergluconeogenesi ma anche di eccesso di acidi grassi che vanno a competere col glucosio per la formazione dell’Acetil coenzima A,determinando così indirettamente un minore consumo periferico.
2)Mancato assorbimento dei grassi apportati dall’esterno per la mancata digestione e quindi mancato assorbimento con il risultato che viene impedita all’iperproduzione interna di trigliceridi appena accennata quella esterna data con gli alimenti.
3)marcata riduzione dei carboidrati sia per la diminuzione della digestione sia per il ridotto assorbimento.
4)maggiore attività incretinomimetica dal momento che il soggetto sottoposto a tale tipo d’intervento per assorbire 1 deve introitare 3-4 e quindi realizza una stimolazione intestinale che porta ad un’amplificazione della produzione di incretine che può consentire così un maggiore rilascio di insulina;in altre parole si viene a creare una situazione simile, anche se fisiologica, agli ipoglicemizzanti orali.tutto questo può essere quindi ottenuto nei soggetti normali, non sottoposti ad intervento attraverso cibi ricchi di fibre solubili che ritardando la velocità di transito intestinale vanno a deterninare una maggiore stimolazione incretinica che può avere un peso rilevante nella normalizzazione dei valori glicemici
Tutti questi elementi messi insieme mettono in moto un meccanismo contrario a quello patogenetico che porta al diabete tipo2 le cui spiegazioni fisiopatologiche ho cercato di illustrare sia nell’articolo di cui sopra, sia in quello dal titolo “chiarite le cause dell’insulinoresistenza “.
Per tale motivo la simulazione fatta sul paziente diabetico,anche senza sottoporlo ad intervento chirurgico,porterà allo stesso risultato col vantaggio che sarà consentita almeno l’introduzione dei grassi essenziali e con la possibilità di modulare ancora meglio l’introduzione dei carboidrati che almeno all’inizio possono essere ridotti al valore più basso possibile, andando ad aumentarne l’introduzione a mano a mano che migliorano i parametri glicemici.
Alla fine di questo percorso che porta alla guarigione dal diabete tipo2,perchè viene ripristinata la normosensibilità all’insulina,il solo limite è rappresentato dal fatto che il soggetto dispone di una minore quantità di insulina, per cui se sottoposto a un carico di carboidrati impiegherà più tempo a riportare la glicemia ai valori normali; tale inconveniente però può facilmente essere risolto attraverso la maggiore distribuzione della somministrazione dei carboidrati durante l’arco della giornata, consentendo così alla via enzimatica lenta,quella dell’esokinasi, di poter operare quellla differenza di concentrazione che permette il passaggio di glucosio dal sangue ai depositi e lasciando così all’insulina residua di cui dispone il paziente a fare tutto il resto.
La maggiore stimolazione incretinica del tratto distale del tenue non solo ripristina il trofismo delle betacellule,ma consente la normalizzazione della glicemia perchè si sfrutta l’effetto inbitorio sulle cellule alfa produttrici di glucagone, per cui con poca insulina si mantiene nella norma la glicemia.
un mio paziente,operato di diversione bilio-pancreatica, anche se ancora obeso, ha un indice di HOMA a 0,5,là dove nei soggetti normosensibili ritroviamo il valore di 1,olre a una glicata che và verso il 4, a testimonianza di un ottimo funzionamento del sistema omeostatico glicemico, e a fronte del fatto che mangia più del doppio .
ferdinandocarotenuto@gmail.com 3382692965
D:Perchè bisogna parlare di diabete gestazionale?Cosa c’è di nuovo sull’argomento?
R:L’esperienza quotidiana, come medico di base, mi ha portato alla convinzione che molto spesso agli ostetrici sfugge il diabete gestazionale.
Mi capita infatti di osservare che in non pochi casi se ne accorgono solo quando sono già evidenti le conseguenze di tale patologia, come ad esempio la macrosomia fetale ecograficamente rilevata , la sofferenza placentare o il parto prematuro.
D: Cosa si può fare per evitare di incorrere in tali inconvenienti e come mai succede tutto questo?
R: Gli ostetrici hanno ben presenti i danni determinati dal diabete gestazionale sia alla mamma che al feto, per cui non è il caso di ricordarlo.
Conviene invece capire perchè in molti casi tale patologia sfugge.
La cosa strana è che non sono pochi quelli ai quali sfugge,fatto questo che sta a significare che tutto ciò non è dovuto al singolo ostetrico, ma al modo talvolta insidioso con cui si presenta il diabete gestazionale.
D: Allora bisogna cercare di capire perchè succede tutto questo?
R: A questo punto per capire meglio come stanno le cose e cosa può fare l’ostetrico per evitare di trovarsi in ritardo rispetto alla comparsa del diabete gestazionale, è opportuno chiarire alcuni punti di seguito riportati.
Tutte le donne, arrivate alla 24 settimana , passano nella fase diabetogena della gravidanza, fase nella quale l’organismo comincia a produrre quegli ormoni-contro insulari che possono slatentizzare il diabete gestazionale.
A questo punto chi vuole essere certo di non incorrere in tale patologia dovrebbe fare una prova da carico per accertare se la curva è di tipo diabetico.
Il più delle volte questo non accade per il semplice fatto che la glicemia di quella donna è assolutamente nella norma e non poche volte su valori nemmeno sospetti, per cui l’ostetrico,per nulla insospettito, non procede ad un ulteriore approfondimento.
D: Mentre invece si dovrebbe?
R:A rigor di logica bisogna tener presente che il diabete gestazionale può comparire solo se la donna è insulino resistente, mentre invece se è normo sensibile non ha assolutamente alcun rischio, proprio perchè non sussistono le condizioni metaboliche perchè questo possa accadere.
Il concetto testé espresso è di fondamentale importanza perchè chi non lo tiene presente non capirà mai i motivi per cui alcune donne e solo alcune andranno incontro a diabete gestazionale.
D: Si tratta allora di capire in che modo è possibile sapere se quella donna gravida è normo sensibile o insulino resistente?
R: Certamente. Non possiamo però immaginare di chiedere alla signora:scusi, ma lei è insulino resistente?
E’ necessario invece determinare tra i vari esami di laboratorio, già richiesti di routine, anche il dosaggio dell’insulinemia a digiuno, a cui è sempre meglio aggiungere anche la determinazione dell’FT3,FT4 e TSH per i motivi che andrò a spiegare di quì a poco, dopo aver meglio chiarito il problema dell’insulino resistenza e della normo sensibilità all’insulina.
D: Sono esami questi come l’insulinemia a digiuno e il profilo tiroideo sopra indicato che non fanno parte però degli esami di routine richiesti dai ginecologi?
R:Questo è assolutamente vero, ma ciò accade per il motivo che il problema dell’insulino resistenza è di competenza più dei diabetologi che degli ostetrici, anche se su tale argomento,diciamocelo pure, gli stessi diabetologi hanno ancora una visione limitata che non tiene conto del mio studio biochimico e fisiopatologico su questo problema, e quindi capace di fornire un modello interpretativo dell’insulino resistenza molto più esaustivo.
D: A questo punto allora è opportuno non divagare ed entrare nel cuore del problema,in modo da capire qual’è la nuova strada da seguire per prevenire in tempo che la gravida vada incontro a diabete gestazionale.
R:Moltiplicando il valore della glicemia a digiuno, espressa in mg per dl, per il valore dell’insulinemia e dividendo il prodotto per 405, abbiamo un valore nelle gravide fisiologiche intorno a uno (1).
Questo significa ad esempio che per un valore di 80 di glicemia, la relativa insulinemia non supera i 6, valore questo che esprime la quantità di insulina necessaria in quella donna a mantenere quel valore di glicemia;in condizioni di insulino resistenza invece quello stesso valore può associarsi ad es. ad una insulinemia di 22 che dà quindi un indice di HOMA di quattro.
D: Cosa significa allora tutto questo?
R:Significa una cosa molto semplice : l’ostetrico vede due donne con lo stesso valore,80 nel caso specifico, che però esprimono una diversa sensibilità all’insulina.La prima assolutamente normale, la seconda è invece una insulino resistente per cui, nel momento in cui scatta la fase diabetogena,andrà incontro a diabete gestazionale.
In questo caso l’ostetrico, sulla base del solo valore di glicemia a digiuno, non sospetta assolutamente che quella donna è candidata sicura al diabete gestazionale.
Allo stesso tempo è necessario sapere anche il suo FT3-FT4 e sopratutto il TSH, perchè molto spesso l’insulino resistenza è determinata o associata a una tiroide pigra per cui il suo FT3 o è al di sotto della norma o ai limiti bassi, con associato un TSH che va verso valori alti anche se ancora compresi nel range di normalità, condizioni queste che entrambe possono favorire il diabete gestazionale,in virtù del fatto che determinano un rallentamento del metabolismo, attraverso un minore consumo di O2, e di conseguenza anche di glucosio.
Chi ha esperienza di Medicina interna sà che i soggetti ipotiroidei hanno una maggiore probabilità di essere insulino resistenti,situazione che ritorna alla norma con la correzione farmacologica con tiroxina.Altresi è noto, a chi ha avuto la fortuna come me di osservare tali casi, che un soggetto con diabete tipo2 e quindi insulino resistente vede scomparire sia l’iperglicemia che l’insulino resistenza se va incontro a ipertiroidismo, comunque indotto.
D: A questo punto però è opportuno chiarire meglio i meccanismi alla base dell’insulino resistenza, visto che senza di essa non c’è né mai potrà esserci diabete gestazionale.
R: Tutto questo è vero anche se non credo però che si debba gravare gli ostetrici di tutti i ragionamenti biochimici e fisiopatologici alla base dell’insulino resistenza, per il semplice motivo che gli stessi diabetologi li ignorano andando avanti con uno schema riduttivo che mai potrà consentire loro come si possa predire un diabete gestazionale, tanto è vero che per farlo aspettano la 24-26 settimana per fare una curva da carico e vedere se si tratta di una curva di tipo diabetico.
Chi vuole però per sua scienza personale approfondire quest’argomento non ha che da andare sempre sul sito www.diabeteeipertensione.it e leggere quanto da me scritto sia sul capitolo: Diabete gestazionale: fisiopatologia, sia sul capitolo: Chiarite le cause dell’insulino resistenza.
D: In che modo allora praticamente si può procedere per evitare di lasciarsi sfuggire un diabete gestazionale?
R:io credo che bisogna facilitare il percorso al ginecologo-ostetrico che deve fare una cosa molto semplice.
Appena la donna inizia la gravidanza deve aggiungere alla glicemia anche l’insulinemia, l’FT3- FT4 e TSH. Se il valore dell’indice di HOMA è 1 e il valore di FT3 non ai limiti bassi, con TSH basso, non deve preoccuparsi.
Deve invece scattare l’allarme quando l’indice di HOMA sale verso 2-3-4, perchè tutto questo significa che la donna sta sviluppando insulino resistenza e quindi sarà passibile sicuramente di diabete gestazionale dalla 24 settimana in poi.In questo caso bisogna procedere alla determinazione degli ormoni tiroidei prima citati e se ci si trova un TSH che va verso valori alti assieme a un FT3 basso, somministrare subito eutirox 25 o 50 o anche 75, fino ad avere un valore accettabile di FT3 e di FT4,principale fonte di produzione di FT3, ma sopratutto un valore di TSH al di sotto di 1, che sta a significare che c’è una buona funzionalità tiroidea a cui in contro-reazione l’ipofisi risponde con una bassa produzione di TSH. In questo modo la somministrazione di levotiroxina andrà ad incrementare la produzione di FT4 da cui deriva poi l’FT3 che insieme andranno a bloccare il TSH. Allo stesso tempo,portata ai valori normali o migliori possibili la funzionalità tiroidea, utile peraltro anche per il feto, trattare la donna come se già fosse in diabete gestazionale, andando a ridurre i carboidrati, prediligendo quelli a basso indice glicemico e a basso carico, ma sopratutto cibi ad alta capacità incretinica con particolare riguardo all’incretina GLP1
I cibi con tali catteristiche sono i cibi ricchi di fibre sia solubili che insolubili, come le verdure gli ortaggi e sopratutto i legumi che sono in grado di andare a stimolare le cellule elle dell’ultimo tratto dell’intestino tenue e della prima parte del colon-tali cellule sono produttrici di GLP1
Tale incretina è insulinosensibilizzante perchè capace di inbire le cellule alfa produttrici di glucagone che se non inibito determina ipergluconeogenesi e anche aumento degli acidi grassi.
Frazionare i pasti il più possibile e consigliare una passeggiata dopo pranzo e dopo cena, in modo da sfruttare la differenza di concentrazione che così si viene a creare tra il sangue e i tessuti ,differenza che mima l’azione dell’insulina.In parole povere il movimento fà quello che fà l’insulina.
Le spiegazioni biochimiche e fisiologiche sono state trattate altrove sul sito e ad esse si rimanda per chi vuole essere convinto di quanto affermato.
D:tutto questo a cosa serve?
R:serve a fare la diagnosi molto prima, perchè nessuno può immaginare(almeno lo spero ) che la gravida diventi insulino resistente all’ultimo momento. Lo è invece sicuramente da prima,molto verosimilmente già dall’inizio o addirittura prima, con la differenza però che non viene fuori perchè l’iperinsulinismo compensatorio annulla l’insulino resistenza, cosa che invece non diventa più possibile quando scatta la fase diabetogena.
Allora chi è normosensibile all’insulina non avrà da preoccuparsi,chi invece è insulino resistente trapassa inesorabilmente senza accorgersene nel diabete gestazionale e l’allarme purtroppo scatta solamente quando se ne vedono gli effetti che gli ostetrici conoscono bene,e per la verità tanto temono.
Tutto questo significa una sola cosa:il solo modo corretto e scientifico per essere sicuri che una donna possa avere un diabete gestazionale è sapere se è insulino resistente.
Oggi invece si usano criteri empirici come il fatto che una donna è a rischio se figlia di madre diabetica o se è in sovrappeso, elementi che non sempre sono validi.Infatti una donna obesa potrebbe anche non essere insulino resistente, così come una figlia di madre diabetica.lo stesso vale per una figlia di madre non diabetica che invece può sviluppare insulino resistenza più facilmente se presenta valori bassi di FT3 o di TSH alti.
D:cosa bisogna fare in pratica?
R:bisogna monitorare i parametri che ho già prima segnalato e che invece non fanno parte degli esami di routine richiesti. Non appena ci si accorge che l’indice di HOMA si allontana dalla norma si provveda a fare quanto detto prima.
Questo controllo può essere fatto una volta al mese in modo da cogliere in tempo qualsiasi variazione di tali parametri.Non appena l’indice di HOMA aumenta si intervenga subito dando sopratutto un occhio alla funzione tiroidea che in molte donne è rallentata perchè molte di esse hanno una tiroidite di Hashimoto silente, fino a quel momento non ancora diagnosticata e svelata dalla determinazione degli anticorpi antiperossidasi e antitireoglobulina ecc.Avere il vantaggio di saperlo molto prima ci consente di azzerare del tutto i casi di diabete gestazionale e di evitare di lasciarsi sfuggire quelli che hanno solo apparentemente i valori nella norma, come il caso portato ad esempio prima, venuto alla mia osservazione come medico curante di base, anche se studioso però dei problemi dell’insulino resistenza nel diabete tipo2.
Voglio aggiungere un’ultima cosa che mi capita di osservare anche nelle donne non gravide ma in molti soggetti ipertesi che anche se vengono inquadrati come ipertesi essenziali sono invece secondari ad insulino resistenza che determina un iperinsulinismo compensatorio che porta all’ipertensione per l’effetto simil aldosteronico dell’insulina.
D:cosa c’entra quanto appena detto con la donna gravida e con il diabete gestazionale?
R:la risposta è semplice ed è questa:nelle donne gravide insulino resistenti, passibili di diabete gestazionale dopo la 24 settimana, è possibile trovare già prima della 24 settimana un’ipertensione arteriosa che si spiega con l’iperinsulinismo secondario ad insulino resistenza, per cui nella prima fase c’è ipertensione, dopo la 24 settimana anche il diabete gestazionale.In alcuni casi può anche non esserci ipertensione per l’intervento di altri fattori ormonali che annullano l’effetto ipertensivante dell’iperinsulinismo.Ecco perchè il valore da controllare è l’insulino resistenza.Si tenga presente inoltre che bisogna evitare che la glicemia della donna gravida superi il valore di 140, perchè anche con un delta di 30 di glicemia, dato dal filtro placentare,a livello fetale un valore di 110 comunque fà scattare la risposta insulinemica fetale che invece in condizioni fisiologiche non aumenta.
Un’ultima cosa da ricordare:in corso di ecografia verificare se la paziente ha un fegato steatosico,elemento questo che è già indice di insulino resistenza a meno che non si tratti di una donna che faccia abuso di alcool,per cui ha una steatosi alcolica.
In questo modo abbastanza semplice abbiamo un’informazione in più per non lasciarci sfuggire una donna insulino resistente che è la sola,ricordiamolo e ripetiamolo ancora una volta, passibile di andare incontro a diabete gestazionale.
Dopo questa messa a punto che abbiamo fatto sul diabete gestazionale i colleghi ostetrici, convinti di tale impostazione, potranno verificare la bontà della tesi appena sostenuta e stare in contatto per via e mail per qualsiasi confronto–ferdinando carotenuto 3382692965.e mail ferdinandocarotenuto@gmail.com
L’elemento nuovo perciò è rappresentato dal fatto che l’ostetrico deve controllare, sin dal primo incontro con una donna gravida o passibile di prossima gravidanza,sia se è insulino resistente, sia se ha una funzionalità tiroidea buona ed efficiente e verificare così dai dati laboratoristici che vengono fuori se c’è nesso di causalità tra un’eventuale insulino resistenza e l’attività tiroidea.
Mi rendo conto che tutto questo finisce per complicare il percorso attualmente seguito dagli ostetrici, perchè si devono impegnare in due patologie per ognuna delle quali si interessa uno specialista del settore, per cui il diabetologo ignora la problematica tiroidea e viceversa.
Dal momento che non possiamo camminare affiancati da queste due figure è necessario che in modo semplice l’ostetrico chiarisca da solo i due problemi sul campo secondo le indicazioni che consiglio di seguire.
Come prima cosa valutare se la donna è insulino resistente perchè è questa la premessa per cui può andare incontro a diabete gestazionale.
Per farlo l’abbiamo già indicato sopra:moltiplicare la glicemia a digiuno espressa però in mg/dl per l’insulinemia a digiuno e dividere il prodotto per 405.Il valore fisiologico nelle donne gravide,non insulino resistenti è 1-uno.Tutte quelle che si portano a 2-3-4-ecc.sono già insulino resistenti e quindi andranno incontro a diabete gestazionale quando alla 24 settimana,iniziata la fase diabetogena con la produzione degli ormoni contro-insulari,non potendo ammortizzare la glicemia a causa dell’insulino resistenza a livello muscolare, la vedranno lievitare verso valori che a livello fetale determineranno la stimolazione pancreatica, con tutte le conseguenze ben note.
Controllare la funzionalità tiroidea dando sopratutto lo sguardo e l’attenzione al TSH che se alto indica che non c’è in circolo una quantità di ormoni tiroidei da bloccare verso i valori bassi il TSH, per cui anche di fronte a valori considerati normali, bisogna leggere l’aumento del TSH come espressività di una scarsa attività tiroidea che diventa elemento chiave nel determinare l’insulino resistenza di quella gravida .
In questo modo la correzione della funzionalità tiroidea nel riportare verso valori bassi il TSH, assieme alla riduzione del carico di carboidrati diventano i presupposti cardine per annullare in breve tempo quell’insulino resistenza che può subdolamente causare non pochi danni.
Un’ultima cosa: mi rendo conto che così tutto diventa più complesso, ma noi dobbiamo renderci conto che chi fà un lavoro intellettuale scientifico non può sempre semplificare, anche se il percorso indicato, anche se non abituale,può sicuramente entrare nella routine del ginecologo-ostetrico.
ferdinandocarotenuto@gmail.com–3382692965
ENTEROPATIA DA GLUTINE:FISIOPATOLOGIA
La celiachia è una patologia dovuta all’intolleranza al glutine che, se ingerito, causa alterazioni anatomo patologiche a livello del tenue, tali da determinare una sindrome da malassorbimento.
L’eliminazione del glutine dalla dieta ne determina la guarigione.
Il glutine, contenuto in molti cereali, ma assente in altri,in condizioni normali viene digerito fino a dare tanti singoli aminoacidi che, così assorbiti dalla mucosa intestinale, non causano alcun danno.
Questo è possibile perchè i soggetti normali, non affetti quindi da celiachia, possiedono tutti gli enzimi necessari (le proteasi ) per digerire interamente questa proteina fino a dare tanti singoli aminoacidi, che come tali, non sono affatto tossici.
Si tenga presente che ogni proteasi attacca un solo legame tra due aminoacidi che,essendo diversi e anche passibili di diverse combinazioni, necessitano di diverse proteasi. Sembra ce ne siano almeno 170.
Nei soggetti celiaci la digestione del glutine procede fino alla tappa della formazione della gliadina, un polipeptide che è un frammento del glutine, con poco più di 30 aminoacidi.
A questo livello le reazioni enzimatiche si bloccano, non vanno più avanti, lasciando la gliadina come tale, senza essere ulteriormente digerita fino ai singoli aminoacidi.
Sotto questa forma, assumendo una funzione antigene, scatena una serie di reazioni immunologiche a livello intestinale, che sul piano anatomo patologico portano a quell’atrofia della mucosa, causa di malassorbimento.
Il punto perciò da prendere in considerazione è: individuare l’enzima in grado di attaccare l’aminoacido terminale della gliadina,che rappresenta il punto dove nei celiaci avviene il blocco delle reazioni enzimatiche.
Tale compito spetta ai biochimici, che, individuata la sequenza aminoacidica della gliadina, devono indicare anche l’enzima coinvolto nella reazione a livello dell’aminoacido terminale.
Non appena tale enzima sarà individuato, i farmacologi devono provvedere a trovare il modo di come poterlo somministrare ai celiaci, che, essendone privi, digeriscono il glutine ingerito soltanto fino al livello di gliadina e non oltre, proprio a causa del blocco enzimatico conseguente all’enzima carente.
E’ questa una ipotesi da valutare e da non trascurare, che indica la strada più semplice da seguire.Nel momento in cui infatti viene individuato tale enzima, cosa che ci si augura non difficile, resta solo il modo di come farlo arrivare all’intestino, in modo da consentire quel processo di degradazione della gliadina, che, se invece resta tale, non può non essere tossica.
Fatto questo comprensibile perché nel momento in cui s’interrompe la reazione di digestione, anche se sono presenti gli altri enzimi deputati ad intervenire nelle tappe successive, il processo si blocca lasciando intatta nell’intestino la gliadina con tutta la sua tossicità.
Spero che questa ipotesi, peraltro anche semplice, convinca sia i biochimici che i farmacologi a percorrere tale strada, che se si rivela giusta, consentirà ai celiaci di poter introdurre finalmente i cibi contenenti glutine.
Consultare www.diabeteeipertensione.it dove è possibile lasciare un commento.
L’ipotesi sopra sostenuta, anche se da dimostrare,resta quella più probabile,in base alla conoscenza delle modalità con cui una proteina viene normalmente digerita.Si sa infatti che si tratta di reazioni enzimatiche a cascata per cui è possibile la reazione immediatamente a valle,solo se si è realizzata quella a monte, per cui si capisce subito che basta la mancanza di un solo enzima che blocca ovviamente tutti quelli che vengono dopo.
Pensare invece di rendere non tossica la gliadina frammentandola in più punti non convince perchè, restando bloccata sempre la reazione a livello dell’aminoacido terminale, non ci sarà mai la possibilità di consentire la digestione fino ad arrivare ai singoli aminoacidi, per cui se restano comunque dei peptidi più piccoli, lo stesso saranno tossici perchè conserveranno la loro funzione antigenica, a meno che non si realizzi una scomposizione talmente grande da rendere la moleca innocua.Si tenga presente che, se è vera l’ipotesi formulata, avendo il celiaco anche tutti gli altri enzimi a valle di quello carente che blocca la reazione a livello di gliadina,non si capisce perchè dover attaccare la molecola là dove invece ci sono gli enzimi che non possono intervenire semplicemente perchè la reazione immediatamente a monte si è bloccata.
Si prenda in considerazione il rapporto tra celiachia e sprue tropicale e si vedrà subito un elemento di unione tra le due patologie.Nella sprue tropicale la presenza di germi patogeni determina a livello intestinale la presentazione di sostanze non self, così come accade per la gliadina, che è appunto vista come tale e cioè non self.Nel primo caso l’insieme di reazioni immunitarie che portano anche all’atrofia dei villi, causa di malassorbimento come nella celiachia, determina una minore entrata della causa patogena, la quale però, essendo limitata nel tempo come presenza, alla fine consentirà la guarigione, proprio per il venir meno della causa patogena iniziale.In altre parole l’azione patogena è comunque limitata nel tempo, per cui, al di là del trattamento antibiotico che accelera l’eliminazione della noxa patogena,alla fine ci sarà comunque la guarigione, al contrario del glutine che, se somministrato costantemente, mantiene nel tempo il danno all’intestino, a meno che non si provveda all’eliminazione di tale sostanza dalla dieta.
Tutto questo significa che quando all’intestino arrivano sostanze non self, come può essere un batterio o una proteina come la gliadina, il risultato è lo stesso, per cui bisogna preoccuparsi di fare in modo che la gliadina venga trasformata in sostanze che vengono riconosciute dall’organismo come self.Questo può accadere solo se la digestione procede fino a dare singoli aminoacidi e non diversamente.
Un’altra ipotesi da prendere in considerazione e da verificare è questa:pensiamo alla possibilità che l’enzima carente si trovi a livello pancreatico, per cui la sua assenza determina la mancata digestione della gliadina per i motivi sopra accennati.In questo caso la somministrazione di enzimi pancreatici, così come facciamo con i soggetti affetti da insufficienza pancreatica, potrebbe darci un risultato positivo.
Per tale motivo è opportuno somministrare per un mese ad un celiaco piccole quantità di prodotti contenenti glutine associando 4-5 cp di Creon e andare a verificare se si verifica alla fine un aumento delle antitransglutaminasi. Se sì,vuol dire che l’ipotesi non è valida, se però questo non accade dobbiamo pensare alla possibilità che la gliadina sia stata digerita e che non abbia dato avvio alle reazioni immunitarie.
Non è da escludere la possibilità che gli enzimi pancreatici contengano l’enzima che permette di attaccare l’aminoacido terminale della gliadina; se è così possiamo dire che il problema dei celiaci è risolto.Essi sono quindi da inquadrare come soggetti con una insufficienza pancreatica altamente selettiva relativa a un solo enzima, cosa che peraltro capita anche a chi è privo di lattasi per la digestione del lattosio.La soluzione perciò potrebbe essere molto più semplice di quanto si possa immaginare.
Non è escluso però che l’enzima carente si trovi a livello del lume intestinale e quindi in tal caso la somministrazione di enzimi pancreatici non darà risultati positivi.
Sarebbe opportuno andare a verificare sul campo l’ipotesi appena illustrata, cosa peraltro che può fare chi vede numerosi casi di celiachia.
per il momento tale prova è in corso su un paziente celiaco che ha introdotto una piccola quantità una sola volta al giorno di un alimento con glutine associato a creon 10000, tra poco, a distanza di un mese andremo a verificare se c’è un aumento delle antitransglutaminasi:se sì vuol dire che la ipotesi fatta non è valida, se invece non c’è aumento è da pensare che sia stata digerito il frammento di gliadina
a breve tutto questo sarà pubblicato
la prova ha dato esito negativo,nel senso che dopo un mese di trattamento con piccole dosi di cibi contenenti glutine e con l’associazione di creon 10000 si è avuto un aumento delle antitransglutaminasi per cui l’esperimento è stato interrotto
si può quindi ipotizzare che l’enzima mancante si trovi a livello intestinale;per questo motivo la ricerca ritorna ai biochimici che devono individuare l’enzima che è necessario per l’ultimo aminoacido e il penultimo della gliadina
ferdinandocarotenuto@gmail.com 3382692965